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  • Ruiu: 'Maldini crede nel Milan e sa gestire gli screzi con Gazidis e Scaroni. Ora autonomia illimitata, per vincere ed evitare altri Kessie o Donnarumma'

    Ruiu: 'Maldini crede nel Milan e sa gestire gli screzi con Gazidis e Scaroni. Ora autonomia illimitata, per vincere ed evitare altri Kessie o Donnarumma'

    • Cristiano Ruiu
      Cristiano Ruiu
    Lo ripetiamo da quel famoso 27 maggio: la cosa più importante per il futuro del Milan era il rinnovo del contratto di Paolo Maldini. E dopo un mese abbondante di incertezze, tensioni e silenzi è arrivata la firma tanto attesa, quella firma che, come aveva spiegato lo stesso dirigente rossonero, avrebbe costituito una sorta di “garanzia” per il milanista. “Io non rimango in un Milan che non abbia un progetto vincente”: aveva dichiarato Maldini in quell’intervista alla Gazzetta e proprio il concetto di “progetto vincente” è quello che ha espresso Maldini dal finestrino della sua auto in uscita da Casa Milan la sera del 30 giugno. Questa è la cosa più importante: Maldini CREDE nel progetto del Milan del futuro, che sia sotto l’egida di Elliott, di Cardinale o di altri nuovi fantomatici proprietari che ci manifestano e scompaiono alla velocità della luce.

    A queste cose ormai ci siamo abituati, è dal 2009 che ogni mese viene fuori la voce di un nuovo proprietario del Milan, sempre più ricco e facoltoso. Poi alla fine, siamo sempre lì a ricercare affannosamente un pareggio di bilancio e un nuovo stadio. Che anch’essi, puntualmente, non arrivano mai. In mezzo a tutto questo la gestione Maldini (non dimentico mai Boban con cui Paolo ha iniziato questo percorso) è stata un unicum sotto tutti i punti di vista. E come tale andava assolutamente mantenuta. Subito dopo l’annuncio si sono susseguite voci e interpretazioni disparate basate sulle espressioni facciali di Maldini, sulla quantità di righe presenti nel comunicato ufficiale e su quali compromessi ci siano sotto al rinnovo. Tutta roba che non conta niente. Quello che conta è che Maldini ha accettato di continuare a dirigere questo progetto.

    E in questi anni ha dimostrato di saperlo e poterlo fare anche gestendo profondi contrasti interni con gli esponenti della proprietà, da Gazidis a Furlani, passando per Scaroni. Già Scaroni, l’uomo sempre presente in tutti i CDA dei Milan post Berlusconi, da Yonghong Li fino al venturo Red Bird. La scorsa settimana mi ero soffermato sulle sue dichiarazioni in cui faceva “pesare” i premi scudetto concessi ai giocatori neo Campioni d’Italia. Stavolta non posso fare a meno di rimanere stupito di fronte alle sue ultime parole dopo la firma di Maldini. “In questo mese ci sono state troppe chiacchiere”: si è sfogato sul Corriere della Sera.

    Ma come “troppe chiacchiere” presidente? Tutto è nato dalle parole di Paolo Maldini il 27 maggio, mica da notizie o indiscrezioni della stampa. Non si ricorda? Oppure con “troppe chiacchiere” si riferisce proprio alle parole dell’ex capitano? In ogni caso anche in questo caso poteva risparmiarsi una bella gaffe. Amen. La cosa importante è che al raduno sia presente Maldini e che sia lui a pianificare liberamente l’area sportiva delle prossime stagioni.

    Non a caso ho utilizzato l’avverbio “liberamente”. In questi due anni Paolo si è conquistato sul campo e con i risultati, non solo sportivi, l’autonomia per assumere in prima persona tutte le decisioni che attengono all’ambito tecnico. Anzi, spesso le interferenze di Gazidis e company hanno rischiato di fare danni ingenti. Dal “NO” a Ibrahimovic ai dubbi su Pioli, dal progetto Rangnick allo strettissimo “tetto sugli ingaggi”.

    E’ giusto che da adesso in poi, Maldini possa godere di un’autonomia illimitata
    per quanto riguarda la parte sportiva, con un budget entro cui muoversi e la possibilità di far sottoscrivere ai calciatori contratti che siano adeguati a un club che punta a primeggiare non a vivacchiare. Per questo motivo, dal mercato che è appena cominciato, non ci aspettiamo colpi milionari, ma operazioni mirate ad accrescere il valore tecnico ed esperienza della rosa. Magari giocatori che possano sforare il “salary cap” di 3.5 milioni. E questo vale sia per i nuovi acquisti sia per i prolungamenti dei contratti di coloro che tanto bene hanno fatto negli ultimi due anni. Altrimenti il rischio torna ad essere sempre lo stesso, quello di avere degli altri Donnarumma e degli altri Kessiè. Per questa ragione prima di eccitarci leggendo i più altisonanti nomi dei nuovi acquisti speriamo di esultare presto per alcuni rinnovi contrattuali delicati e rischiosi, tipo quello di Leao.

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