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  • Vermicino quarant’anni dopo: la morte accidentale di Alfredino
Vermicino quarant’anni dopo: la morte accidentale di Alfredino

Vermicino quarant’anni dopo: la morte accidentale di Alfredino

  • Giulia Troncarelli
    Giulia Troncarelli
Era il 10 giugno del 1981 quando un pozzo artesiano inghiottì il piccolo Alfredo Rampi. Dopo quarant’anni il ricordo è ancora vivo e straziante: la vicenda infatti, trasmessa in diretta, sconvolse l’intero Paese per tre giorni, tenendo circa 28 milioni di persone incollate al televisore, con la speranza che Alfredino si salvasse. 

Ripercorrendo la vicenda, va ricordato che la famiglia Rampi stava trascorrendo una vacanza nella seconda casa a Vermicino vicino Roma. Durante una passeggiata, il bambino aveva chiesto al papà di poter continuare la strada da solo, ma trascorsa qualche ora non era ancora rientrato in casa. Fu in quel momento che il papà fece scattare l’allarme e cominciò allora la ricerca del piccolo. La famiglia allertò le forze dell’ordine che si unirono ai genitori nelle ricerche, che vennero portate avanti anche con l'ausilio di unità cinofile. La nonna ipotizzò per prima che Alfredino fosse caduto in un pozzo recentemente scavato in un terreno adiacente, dove si stava edificando una nuova abitazione; tale pozzo venne tuttavia trovato coperto da una lamiera tenuta ferma da sassi. Un agente di polizia, il brigadiere Giorgio Serranti, venne a conoscenza dell'esistenza del pozzo, sebbene gli fosse stato detto che fosse coperto, pretese di ispezionarlo ugualmente e, fatta rimuovere la lamiera, infilò la sua testa nell'imboccatura, riuscendo così a sentire i lamenti di Alfredino. 

Iniziarono così i soccorsi che da subito risultarono essere molto difficili a causa dell’imboccatura del pozzo, larga solamente 28 cm e profonda 80 metri, con pareti molto irregolari.  Durante gli innumerevoli tentativi di salvataggio, i soccorritori parlavano con il bambino per controllare le sue condizioni di salute e a tal proposito intervenne anche l’allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini che parlò con Alfredino. La mattina del 12 giugno però, smise di rispondere: a causa delle vibrazioni del terreno il bimbo era scivolato molto più in basso e l’unica soluzione era quella di far calare qualcuno nella parte restante di pozzo.

Si propose così il volontario Angelo Licheri, che cercò quindi di prendere il bambino per le braccia ma nel farlo, lo fece scivolare ancora più in profondità. Altri volontari vennero calati nel pozzo ma nessuno riuscì nell’impresa. L’ultimo, raggiunse il bambino all’alba del 13 giugno e ne constatò la morte. Il suo corpo verrà poi recuperato l’11 luglio, un mese dopo la caduta.

Oggi dopo quarant’anni si ricorda con grande sgomento la morte accidentale del piccolo Alfredo, che quel pozzo maledetto ha portato via con sé. 

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