Milan e Juventus, sentite il guru degli algoritmi: "Il calcio non è baseball"
Bill James, 75 anni, è il guru degli sport americani. Vincitore di quattro titoli nella Major League di baseball con i Boston Red Sox che erano a secco da 88 anni, ha rilasciato un'intervista al Corriere della Sera.
Quando è iniziata la passione per il baseball?
"Avevo 11 anni, mi rapì una collezione di figurine: non mi ha più lasciato".
Dopo «Moneyball» s’è sentito un guru?
"In realtà, tantissimi mi chiamavano guru delle statistiche già da vent’anni, anche se qualcun altro mi descriveva come un ometto grassoccio con la barba che non sapeva nulla di nulla".
Si sarà vendicato.
"Mah, vorrebbe dire che sono stato vittima di qualche ingiustizia, e non l’ho mai pensato: e se lo pensassi, non credo che lo ammetterei".
Billy Beane disse che esistono numeri chiave pure nel calcio, ma forse non sono ancora stati individuati.
"Non lo discuto, ma vorrei che mi capisse. Il baseball è un gioco molto ordinato, intrinsecamente incline all’analisi organizzata. I giocatori si alternano alla battuta; si fermano in punti contrassegnati sul campo, prima, seconda, terza base; tre out in ogni turno, nove inning in ogni partita. Insomma, ogni punto può essere confrontato con altri. Un giocatore o una squadra è sempre in attacco o in difesa, mai in uno stato intermedio. Il calcio non è affatto così: non si alternano a tirare il pallone, non si muovono costantemente da uno stato definito a un altro".
Morale?
"Semplicemente, non è la stessa cosa".
Eppure, tanti club europei si stanno affidando ai big data: può funzionare?
"Non può immaginare quanto un’altra persona possa imparare studiando qualcosa".
Lei ha studiato Economia, Guardiola assume astrofisici: l’analisi dei dati è globale?
"Penso stia andando così, anche se altre forme di analisi possono essere ugualmente preziose e non sappiamo mai realmente da dove nasceranno le future intuizioni. Supponiamo che una squadra sia gestita da un gruppo di medici, capaci di ridurre gli infortuni gravi, o da un gruppo di psicologi, capaci di migliorare la concentrazione".
Cosa vorrebbe dire?
"Che qualsiasi analisi è guidata dai dati, in una certa misura. Cosa fa uno psicologo? Misura cose: intelligenza, soddisfazione lavorativa, stress. Idem la medicina, con pressione sanguigna, quantità di ferro nel sangue, densità ossea e altre mille cose che non capisco realmente".
Lei ha fatto lo stesso?
"Il senso è misurare le cose e studiare come si confrontano con la norma e come cambiano nel tempo. Studiando le statistiche, guardo le partite e cerco di capire cosa dovrei misurare, come un medico".
Negli States demolite e ricostruite stadi in un batter d’occhio, a Milano si sta ragionando su San Siro da anni: cultura o soldi?
"Non ne ho idea. Capricci, istinto. Prima che gli attuali proprietari acquistassero i Red Sox, quelli precedenti volevano demolire Fenway Park e costruire un nuovo stadio dall’altra parte della strada: noi pensavamo che fosse una follia, e abbiamo reso l’impianto funzionale".
Mai chiamato dal calcio?
"Alla fine, no. Quando il signor Henry (boss dei Red Sox, ndr) acquistò il Liverpool, mi chiese di incontrarmi con Ian Graham (dirigente dei Reds, ndr) e lo feci: non credo che nessuno di noi due abbia tratto molto beneficio da quell’incontro".
Da dov’è partito?
"Ciò che mi distingueva da altri giornalisti sportivi era che io stavo effettivamente usando i numeri come numeri, piuttosto che come linguaggio: stavo facendo matematica ed ero interessato a ciò che non sapevo, mentre quasi tutti, allora e ora, erano interessati a ciò che sapevano. Mi importano più le domande che le risposte".
L’analisi è conoscenza?
"Il mondo è miliardi di volte più complicato della mente umana e, per questo motivo, tutte le “spiegazioni” del mondo contengono molta più “spazzatura” che verità. Ogni bambino, dalla nascita, è gettato in una lotta senza fine per dare senso al mondo, ma è una battaglia che non possiamo vincere. Semplicemente, non siamo abbastanza intelligenti. È la stessa idea dell’analogia della caverna di Platone: creiamo immagini semplificate di realtà esterne complesse, come ombre sulle pareti di una caverna, per fingere di capire cose che non comprendiamo affatto".
Lei ha però capito il senso del gioco: il segreto?
"Ho fatto carriera identificando sciocchezze cui le persone credevano, ma che erano ovviamente false. La prossima generazione può ancora farlo, perché l’ignoranza è una risorsa inesauribile".
Le sono rimasti dei sogni?
"Mi alzo ogni mattina cercando di finire ciò che non ho completato ieri".