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  • Totti: 'Vorrei riabbracciare Spalletti. Tornerei alla Roma a una condizione'. La risposta del ct

    Totti: 'Vorrei riabbracciare Spalletti. Tornerei alla Roma a una condizione'. La risposta del ct

    • Redazione CM
    A tutto campo. Francesco Totti si è confessato a Il Corriere della Sera, tra i temi discussi quello del numero 10, sparito dal calcio moderno: "Sono spariti perché ora è un altro calcio. È un’altra visione, un altro modo di giocare. Ora prevale il fisico sulla tecnica. Nel tempo in cui giocavo io c’erano sempre, in ogni squadra in Italia o all’estero, uno o due giocatori di altissimo livello. C’erano uno o due numeri dieci potenziali. Insieme facevano il numero venti. Saremo stati fortunati, ma il calcio era più bello".

    COLPA DI SACCHI - "Vedi, il dieci era un giocatore diverso dagli altri dieci. Era uno che doveva correre meno ma sfruttare ogni occasione di talento: un assist, un tiro al volo, un dribbling difficile. Doveva essere lucido, sempre fresco. Per questo il dieci tornava di meno. Sacchi portò tutti a rientrare in difesa. E questo fece sparire lo spazio tecnico per il dieci considerato come il fulcro della squadra, l’elemento di sorpresa. Il calcio si è fatto più organizzato, ma meno sorprendente".

    SPALLETTI - "Se lo incontrassi lo saluterei con affetto, mi farebbe piacere. Credo che tra noi ci sia un profondo legame. Anche perché quello che abbiamo passato insieme, quando arrivò da Udine, è per me, nella mia vita, qualcosa di irripetibile. Sia in campo che nel quotidiano. Io uscivo una o due volte a settimana con lui a cena. Luciano era una persona piacevole, divertente, sincera. Nella fase finale il nostro rapporto è stato condizionato dall’esterno, specie dai dirigenti o consulenti della società, e non ci siamo più capiti. Anche io ho fatto degli errori, ci mancherebbe. Credo che tutti e due, se tornassimo indietro, non entreremmo più in conflitto". A queste parole ha risposto lo stesso Spalletti: "Prima della prossima partita all’Olimpico andrò a trovare alcuni amici che abbiamo in comune al Bambin Gesù, potrebbe essere una bella occasione per fargli visita insieme".

    ROMA - "Io ho passato trent’anni nella Roma. Ho portato rispetto a tutti, rinunciato ad altri ingaggi senza farlo pesare. Ho detto no al Real e altri perché volevo quella maglia, solo quella maglia giallorossa che è stampata dentro di me. Il modo in cui è finita la mia storia con la Roma, sì, mi è dispiaciuto. La verità è che quando nel calcio non servi più non c’è più rispetto. Se Maldini, Del Piero, Baggio, io siamo fuori dal calcio significherà qualcosa, no?"

    RITORNO ALLA ROMA - "Mourinho mi vuole? Certo che, con un ruolo definito, mi piacerebbe tornare. E mi piacerebbe con Mourinho, è il numero uno, lo stimo molto. Mi dispiace non essere stato allenato da lui, nella mia carriera. Ma non voglio tornarci su. Non voglio chiedere. Alla Roma sanno che se hanno bisogno di me, per cose serie, mi fa piacere dare una mano. Altrimenti, amici come prima".

    ILARY - "Noi due abbiamo passato venti anni insieme, con tanti momenti molto belli. Ora vorrei solo che trovassimo un equilibrio tra noi capace di proteggere i ragazzi che sono la più grande ragione, per ambedue, di amore. So che non è facile, ma quello che c’è stato tra noi, per tanti anni, è stato importante. Se troviamo questo equilibrio noi due, i ragazzi staranno bene e si sentiranno protetti".

    MANCINI E I SOLDI - "Ha sbagliato tempi e modi. È una sua decisione e va rispettata. Poi vai a capire le dinamiche interne tra lui e la Federazione. La differenza tra i nostri venti anni e questi sta tutta nei soldi. Ma in fondo se tu non sei tifoso della squadra di cui indossi la maglietta cosa ti dovrebbe impedire di accettare la migliore offerta? È un calcio senza sentimenti, con giocatori sempre con la valigia in mano. È tutto freddo, portano le cuffiette invece di parlarsi, nello spogliatoio. Noi quando arrivavamo al derby da quindici giorni prima pensavamo a quello che dovevamo fare: le magliette da mostrare se vincevi, il modo più elegante per incassare una sconfitta... E lo stesso facevano i laziali. Per me e per Nesta, che eravamo amici, era un’occasione per gli stessi sfottò che circolavano in città. Questo clima ti creava un’adrenalina dentro... Quando scendevi in campo, avevi voglia di spaccare il mondo. Ora cosa vuoi che gliene freghi del derby...".

    SPUTO A POULSEN - "Gli errori servono. Ti fanno crescere, ti aiutano a non farli più. Io mi rimprovero lo sputo a Poulsen che, nonostante le immagini televisive, per me non è successo. Non posso immaginare di avere sputato a una persona, è la cosa più assurda e più lontana dal mio modo di intendere il calcio e la vita".

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