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  • Zenga: 'Spero ancora di poter essere l'allenatore dell'Inter'

    Zenga: 'Spero ancora di poter essere l'allenatore dell'Inter'

    L'allenatore del Crotone Walter Zenga ha concesso un'intervista a Inter TV, parlando del suo passato nerazzurro e dei suoi propositi per il futuro. "Avevo 10/11 anni e giocavo nella Macallesi. Mi ricordo ancora quando mio papà venne da me e mi disse: ‘Guarda che ti ha comprato l’Inter’. Feci come dei salti di gioia, eravamo in tre giocatori e l’Inter pagò per tutti e tre un milione in materiale, palloni e tutto quanto e da lì cominciò la mia avventura". 

    Sullo scudetto dei record nel 1989: "Ogni volta che rivedo le immagini mi viene la pelle d’oca. Io San Siro così pieno non l’ho mai visto, se non per la finale di Coppa Uefa contro il Salisburgo. Ma vincere un campionato a 4 partite dalla fine così, in quel modo. Di là c’erano Maradona, Careca e compagnia, dall’altra parte c'erano Gullit e Van Basten, la Samp aveva Vialli e Mancini. Vincerla a 4 dalla fine è devastante e quando Lothar fa gol diventa un’emozione unica. Ma la cosa bella erano gli ultimi tre minuti, che penso siano durati 90 perché non finivano più, eravamo campioni, con quattro giornate di anticipo, qualcosa di unico".

    Sul suo tifo per l'Inter: "E’ una vita parallela, l’Inter ha 110 anni, io ne ho quasi 58, il numero dei punti dello scudetto dei record, un bel numero. Tolti i primi 3,4,5 anni della mia vita, gli altri 50 anni li ho vissuti di fianco a lei. Si cambiano tante cose nella vita, ma la fede per una squadra mai. E ti posso garantire che quando vado in giro e mi insultano, mi dicono qualcosa per il mio senso di appartenenza, mi danno ancor più forza, più consapevolezza che ho fatto la scelta giusta. Sono felice di essere un tifoso dell'Inter, orgoglioso di esserlo per tutto il resto della mia vita". 

    Sul futuro: "Mi manca solo un tassello, quello di poter essere l’allenatore della squadra che amo e che adoro. Non so se accadrà, io lavoro per farlo, forse ce la faremo, forse non ce la faremo. Il problema fondamentale è che quello che resta dentro, pur avendo smesso di vestire la maglia dell’Inter 20 anni fa (anche di più), è quello di arrivare a San Siro e di sentirmi come se avessi smesso un mese fa. E l’accoglienza che ho ricevuto per Inter-Crotone o per tutte le volte che vado a San Siro e mi inquadrano nel tabellone, ti fa venire le lacrime agli occhi". 

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