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    'Din-Don': la dichiarazione d'amore di Pozzi alla Sampdoria

    'Din-Don': la dichiarazione d'amore di Pozzi alla Sampdoria

    • Lorenzo Montaldo
    Cassano, Pazzini, Quagliarella. E poi ancora Icardi, Eder, Flachi e Bazzani. Alla Sampdoria di grandi attaccanti negli anni recenti ne sono passati tanti. Parecchi sono stati anche amati dal pubblico doriano, alcuni detestati. In questo elenco, il nome di Nicola Pozzi potrebbe anche passare inosservato. E un osservatore esterno alle vicende del mondo blucerchiato potrebbe pensare che il centravanti romagnolo sia transitato da Genova senza lasciare un ricordo paragonabile a quello dei grandi attaccanti di grido.

    Eppure, il rapporto che si è creato tra Pozzi e i tifosi doriani è qualcosa di unico. Superiore a quello di tutti i giocatori citati in precedenza (tranne Flachi, ovviamente, ma questa è un'altra storia). Affetto incondizionato, ricordi indimenticabili come quelli della notte di Varese. Occhi lucidi dall'emozione e una vera e propria dichiarazione d'amore, ossia quella che Pozzi rilascia a Samp Tv parlando del suo club: "Se mi dici 'Sampdoria' la prima cosa che mi viene in mente è la Sud, perché non sono spiegabili a parole, almeno da parte mia, le emozioni che ho provato sotto la Sud quando fai gol". Diretto, sincero come sempre. Questo è 'Nick', un giocatore vessato dai tanti infortuni ma mai dimenticato dal suo pubblico. "Il giorno della presentazione, l'anno dopo la promozione, quando sono entrato per ultimo in campo ... è qualcosa che ... non dimentichi. I Sampdoriani. Si. La prima cosa che mi viene in mente sono proprio loro. Tutta la vita!" spiega il giocatore,

    "Il mio arrivo è stato negli ultimi giorni del mercato 2009" ricorda ancora Pozzi, come riporta Sampdorianews.net. "A quei tempi c'era Beppe Marotta, e per me in quel momento era una grande occasione di carriera. Sono riuscito anche a ritagliarmi un po' di spazio soprattutto in quella parte di stagione in cui ho giocato al posto di Cassano. Siamo riusciti ad inanellare 4 vittorie consecutive e a risalire un po' in classifica perché era un momento particolare, e siamo arrivati a ridosso della Champions, anche un po' a sorpresa perché l'obiettivo a inizio stagione non era quello. Rimane un gran bel ricordo anche la festa in Via Venti. Quel finale di stagione è stato un bellissimo risultato". 

    Pozzi ha vissuto anche l'anno della retrocessione, e la Serie B: "Quel gennaio in cui c'è stata quella discussione di Cassano che andò al Milan, e con Pazzini che passò all'Inter la società aveva comunque allestito una buona squadra: non era certo una squadra da retrocessione. Ancora oggi non ci sappiamo spiegare come sia potuto succedere. Il destino si è manifestato già quella sera contro il Werder, insomma un anno partito male e finito peggio. Mi fa ancora effetto parlarne: sono quelle pagine che vorresti cancellare. Per fortuna, anche se con tanta sofferenza l'anno successivo siamo riusciti a chiudere quel debito che avevamo nei confronti della città e dei nostri tifosi. Era una ferita aperta e con grande sollievo siamo riusciti a chiuderla l'anno successivo". 
    Poi l'anno di purgatorio, in Serie B: "Sulla carta sembrava dovessimo ammazzare il campionato, ma la serie B è un campionato strano in cui tutti i valori si azzerano: la prima in classifica può perdere contro l'ultima. Se non la affronti col verso giusto incontri grandi difficoltà. Finché è non è arrivato un maestro come Beppe (ndr.: Iachini). Io l'ho avuto quattro volte in carriera come allenatore e con lui ho un legame particolare. Ciò nonostante abbiamo avuto qualche problema. Poi a gennaio ci sono stati due o tre innesti, primo tra tutti Eder, che hanno fatto la differenza".

    "E infine il gol col Varese: la grande galoppata di Rispoli e poi mi è arrivato un pallone in un momento in cui ero cotto dalla fatica. Il pallone è andato dentro in qualche modo ed è stata una felicità enorme. Avessimo perso la promozione sarebbe stata una tragedia sportiva: quell'anno abbiamo perso tre anni di vita! Al ritorno ci fermammo a festeggiare mezz'ora in autogrill coi tifosi. Arrivammo in piazza de Ferrari alle 5 del mattino e lì nacque il coro che i tifosi mi hanno dedicato. L'anno prima i "cugini", noi li chiamiamo così, ci avevano preso in giro con un coro dedicato a Chevanton. Noi li abbiamo ripagati col nostro. Per un giocatore un coro dedicato dai tifosi, è inutile negarlo è una grande soddisfazione: peccato che oggi siano solo ricordi. È stato il momento più bello della mia carriera".

    Un coro che ha sentito echeggiare anche al cospetto del Barcellona, in un Gamper: "Il coro col mio nome cantato al Camp Nou da 2.000 tifosi contro 100.000 Spagnoli: un giocatore come me dopo una soddisfazione così potrebbe anche smettere. Ringrazierò i sampdoriani per tutta la vita: Al Camp Nou si sentiva solo il mio nome. Con la Sampdoria si è creato un legame particolare, perché io dò tutto, e quando entri a Marassi e indossi questi colori ti arriva dentro qualcosa di più. C'è qualcosa d'inconscio che non riesco a spiegarti, perciò mi si raddoppiavano le energie. Un'alchimia che percepisci solo a Marassi e solo coi tifosi della Samp".

    "Sono stato sfortunato dal punto di vista fisico - riflette ancora Pozzi-. Magari avrei potuto avere altre prospettive, ma per me la Samp ha sempre costituito il punto di arrivo e non quello di partenza. Io sarei rimasto a vita, ma non essendo un Top-Player non si è potuto fare. Per me non esisteva comunque nessun'altra squadra. Ho scelto di far nascere le mie figlie a Genova e non dove vivo perché mi sento parte integrante di questa città e lo ritenevo giusto. 

    Il rammarico è che dopo la promozione, con Ferrara che giocava ad una sola punta, non rientravo più nei piani. Magari fosse restato Iachini sarebbe stato diverso. Ma forse era giusto chiudere con quelle gioie - conclue Nick - perché noi giocatori e i dirigenti, tutti passiamo, ma la Sampdoria resta e io sono orgoglioso di averne fatto parte".

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