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  • Felipe Anderson, la grande bellezza

    Felipe Anderson, la grande bellezza

    Felipe Anderson scaccia i fantasmi del derby, con due lampi di bellezza contro la Sampdoria. Meglio di un amuleto, meglio di un ghostbuster: il meglio da una settimana complicata, feroce come solo le settimane dopo le stracittadine perse sanno essere. La risolve Felipe: due assist, e siamo a quota 7 (secondo miglior assist man in Europa, come riporta Laziopage), è entrato in due terzi della reti della Lazio. Che è significativo: quando Felipe non ingrana, non illumina, non professa la sua fede fatta di illuminazioni improvvise e preghiere verso il cielo, la Lazio fatica terribilmente. La sua è una crescita soprattutto mentale, psicologica. Riesce da sempre a gestire il pallone meglio degli altri, ma nel ventaglio di scelte di fronte a lui spesso, in passato, optava per quella solista, in cerca di un monoteismo della giocata personale che gli ha regalato anche qualche rischio all'Olimpico. Ora cerca l'uomo, lo scambio, il corridoio per il compagno: la mole di gioco della Lazio ne giova, ne giovano i compagni, che riescono a proporsi e rendersi pericolosi. 

    MATURITA' - Non solo: la sua miglior stagione in fase assist è perfetta armonia con una rinnovata applicazione tattica. Nel corso della stagione Inzaghi gli ha chiesto di giocare esterno nel centrocampo a 5, e, al netto di una pericolosità minore, il suo spirito di sacrificio e la sua forza nel pressing hanno mostrato un Felipe diverso, più vicino al concetto di "ignoranza calcistica" che Inzaghi ha spiegato dopo il derby (dove è mancata): applicazione, praticità, veri contrasti e cattiveria agonistica. Tudo è possivel, scrive su Instagram, ma che potesse giocare nel centrocampo a cinque solo Inzaghi poteva pensarlo, nel bel mezzo di pensieri non convenzionali che questo allenatore ha istillato nella sua creatura. Come quello di poter competere per le prime posizioni, con alla guida non Bielsa, ma un allenatore alla prima in Serie A. 

    NESSUNA BEGA - Non c'è dubbio che Inzaghi abbia saputo trarre il buono in Felipe: anche con Pioli aveva sfoderato un clamoroso semestre, per poi spegnersi, una volta che la squadra ha mollato le convinzioni dell'attuale allenatore dell’Inter. Con Pioli ha segnato 19 gol in 78 presenze con lui in panchina, una media di 0,2 reti a partita, con Inzaghi 3 sole reti, con una media di 0,14 a partita. Sul fronte assist Felipe sta facendo meraviglie, 0,4 assist a partita con il mister di Piacenza, 0,19 a partita la sua media con Pioli. Un altro mondo per continuità e rendimento a servizio dei compagni. Solare ma piuttosto schivo, l'ex Santos è l'unico dei big alla corte di Lotito che sembra lontano da beghe contrattuali e voci di mercato: il suo scade nel 2020, non ha puntato i piedi come il suo compagno di reparto e gemello di talento, Keita. O meglio, in estate ha fatto parlare di sé per la gran voglia di partecipare alle Olimpiadi con la Nazionale verde-oro. Tutto rientrato, il permesso che Bielsa aveva negato è stato poi accordato (primo miracolo dell’Inzaghismo).  Non solo, ora Inzaghi punta a chiudere in bellezza il girone d’andata. E col concetto di bellezza, e l’espressione della stessa, Felipe ha tanto a che vedere. 

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