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  • Non è il vero Barcellona, ma per l'Inter c'è un'indicazione: è vulnerabile

    Non è il vero Barcellona, ma per l'Inter c'è un'indicazione: è vulnerabile

    • Enrico Maida
      Enrico Maida
    Il Barcellona senza Messi e Suarez è una squadra qualunque in attesa che si risolva il tormentone legato a Neymar. Conte avrà osservato i monumenti catalani messi sotto dai tori di Pamplona, mentre Valverde si chiedeva cosa fare per scuotere i suoi prodi. L’Osasuna non perde in casa da 26 partite di campionato, d’accordo, ma il Barça che per tutto il primo tempo non fa un tiro in porta, è qualcosa di eccezionale nel calcio che frequentiamo. 

    Un inferno. Trentacinquemila bottigliette d’acqua distribuite al pubblico per sopravvivere a una calura praticamente insopportabile. L’Osasuna sembra meno sconvolta del Barça e trova subito il gol del vantaggio. L'uomo che scardina la cassaforte di Valverde è Brandon, un biondo figlio di padre inglese e madre spagnola preso per pochi spiccioli dal Rennes. Aggredisce, picchia e confeziona un cross al bacio per Roberto Torres che indovina il sinistro al volo dei grandi campioni.

    Il Barça sembra in ginocchio ma l’intervallo serve a riordinare le idee. Valverde indovina i cambi come meglio non potrebbe. Fatì e Arthur entrano e firmano rimonta e sorpasso con due pezzi degni dei celebrati titolari. Conte a questo punto si sarà chiesto quale fosse il vero Barça: quello abulico e sfiatato del primo tempo, o quello autorevole e pratico del secondo? Se mi è concessa una sintesi direi che la verità sta nel mezzo. Con Messi e Suarez naturalmente è un’altra musica, ma il primo tempo di Pamplona segnala che il Barcellona è vulnerabile. E tanto basta. Il fallo di mano di Piqué che determina il rigore del pareggio, ancora firmato da Roberto Torres, segnala che i senatori hanno il fiato un po’ corto. Però occhio ad Arthur: è una mina vagante.

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