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  • Rabiot, l'enfant prodige è un fantasma: i precedenti di Vieri e Henry alla Juve

    Rabiot, l'enfant prodige è un fantasma: i precedenti di Vieri e Henry alla Juve

    • Marco Bernardini
    Quando le aspettative sono superiori alla media e poi vengono disattese la delusione che si prova è altrettanto prepotente. In estate, da Parigi a Torino che è pur sempre una "piccola Parigi", arriva un giovane calciatore, Adrien Rabiot, il quale sembra possedere le stimmate del campione. Per la verità nel suo curriculum esiste l'ombra di una stagione trascorsa al Paris Saint-Germain praticamente da escluso. Sono cose che possono capitare nel mondo del pallone e la Juventus, che lo ingaggia per7 milioni di stipendio netti a stagione più bonus assortiti, ritiene ininfluente la vicenda tribolata tra il giocatore e la società francese. 

    Paratici autore del "colpo", come del resto la maggioranza degli osservatori, è fermamente convinto che il nuovo arrivato abbia tutte le caratteristiche tecniche e  tattiche per trasformare in meglio il centrocampo della squadra che Maurizio Sarri sta assemblando. Dopo più di quattro mesi si deve prendere atto, con grande rincrescimento, che l'ottimismo della vigilia non aveva basi solide e che il ventiquatrenne enfant prodige francese si è lentamente e inesorabilmente trasformato in un fantasma. Sia in campo, quelle poche volte che viene utilizzato, sia fuori. 

    Insieme con lui e addirittura "sopra di lui" ci sta la figura di una donna imponente e a tratti invadente. Veronique, la madre di Adrien, la quale non si limita a esercitare il ruolo di mamma per il figlio che sta vivendo un momento molto delicato della sua vita professionale, ma la quale pretende di dettare i tempi e le strategie legate alla carriera e ai benefit del suo ragazzo. Mi ricorda un poco un'altra donna, Nathalie, ovvero la madre di Bobo Vieri della quale il giocatore era assolutamente dipendente. Con la differenza che le indicazioni della signora Vieri funzionavano in positivo e non erano destabilizzanti. 

    Probabilmente anche questa situazione, anomala per un rapporto famigliare corretto, ha provveduto a rendere Adrien Rabiot quello che è nella vita di tutti i giorni e rispetto ai rapporti interpersonali. Un ragazzo timido, insicuro, schivo e anche piuttosto solitario. Almeno è così che viene descritto dai suoi stessi compagni e da coloro che hanno modo di frequentarlo. Caratteristiche interiori che di certo non gli possono essere d'aiuto in un mondo professionale come il suo nel quale per emergere e per rimanere sulla cresta dell'onda è necessario fare quotidianamente a sportellate. 

    Oltre all'aspetto psicologico didattico della questione esiste, poi, il dato professionale che riguarda il campo. L'impressione è che Adrien Rabiot sia finito nel "mondo di Sarri" come un ET incapace di comprenderne sia la lingua che le esigenze. Se sono vere le voci che filtrano dai corridoi bianconeri, tra il tecnico e il giocatore non vi sarebbe feeling e pertanto lo stesso Rabiot si starebbe preparando, suo malgrado, a rivivere le scene e il finale di un film del quale fu protagonista-vittima a Parigi. Se così dovesse andare resterebbe comunque un dubbio. Chi era veramente l'enfant prodige e che cosa avrebbe potuto fare per la Juventus? Sarebbe triste e farebbe rabbia dover sovrapporre l'avventura di Rabiot in bianconero a quella di Thierry Henry, che da fantasma nella Juve si trasformò in campione autentico dopo essersene andato. 

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