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  • Reja racconta a CM i primi Napoli di De Laurentiis: 'Iniziò tutto tra macchine blindate e Lavezzi sovrappeso'

    Reja racconta a CM i primi Napoli di De Laurentiis: 'Iniziò tutto tra macchine blindate e Lavezzi sovrappeso'

    • Francesco Guerrieri
    Se oggi c'è un Napoli che ha dominato in lungo e in largo il campionato, un po' di merito va anche a Edy Reja. L’ex ct dell'Albania fu l'allenatore del primo anno di De Laurentiis: era il 2004-05, la società era appena fallita e ripartiva dalla Serie C. Reja arrivò a gennaio al posto di Ventura, e mise le basi per una ricostruzione che oggi sa di trionfo. Per capire l'amore di Edy per quei colori basta leggere quello che dice alla fine della nostra telefonata: "Beh, certo che andrò alla festa per lo scudetto. Sicuramente". Lo da quasi per scontato, fiero e orgoglioso di aver messo i primi tasselli di questo Napoli: "Questo percorso l'ho iniziato io, sono rimasto legatissimo sia alla città che a De Laurentiis: più che presidente e allenatore con il tempo siamo diventati quasi amici. Ogni tanto ci sentiamo ancora oggi".

    Nel 2005 arriva a Napoli al posto di Ventura, che ambiente trova?
    "Depresso. C'era la contestazione dei tifosi perché la squadra non stava andando bene, per me era difficile subentrare senza conoscere bene la categoria. L'impatto immediato però fu positivo perché ebbi anche un bel riscontro dalla squadra".

    Cosa le disse De Laurentiis?
    "Era un presidente esordiente nel mondo del calcio, molto era in mano a Pierpaolo Marino. Io avevo un rapporto con lui, mi disse che bisognava vincere; a Napoli non si può perdere. Effettivamente l'ambiente era pieno d'attese, e la Serie C era un po' stretta".

    In 4 anni porta il Napoli dalla Serie C alla A.
    "Lì per lì non ce ne rendemmo conto, ma ripensandoci oggi abbiamo fatto una bella galoppata. Abbiamo affrontato ambienti infuocati, in qualsiasi categoria vincere non è mai facile. Ricordo che avevamo sempre 5 o 6 blindati della polizia che ci scortavano dietro al nostro pullman e altri 3 o 4 davanti. Un'esperienza difficile, ma bella".

    Il ricordo più bello?
    "Il giorno della promozione in Serie A. Era l'ultima giornata di Serie B, finì 0-0 col Genoa e andammo tutte e due in A. Fu bellissimo perché c'era il gemellaggio e si vedevano tifosi delle due squadre festeggiare insieme. A Napoli ci aspettò un fiume di tifosi, alcuni arrivarono fino alla pista d'atterraggio dell'aereo saltando tutte le barriere. Per fare dall'aeroporto a piazza del Plebiscito col pullman scoperto ci abbiamo messo due ore e mezza".

    Chi era il suo pupillo in quegli anni?
    "Montervino era l'uomo di riferimento che mi ha accompagnato fino alla Serie A. Uno di quelli che è rimasto fino alla fine diventando anche il capitano. Poi, in Serie B arrivò Paolo Cannavaro. Magari non eravamo una squadra fortissima, ma un bel gruppo unito".

    Poi arrivarono Hamsik e Lavezzi? 
    "Il Pocho era piccolo, tarchiato... pesava 80kg, più che correre rotolava. Era di 6/7 kg in sovrappeso, ma mi disse che in poco tempo li avrebbe persi tutti. Ricordo che qualcuno mi chiese dove avessi preso un giocatore del genere, poi lui smentì tutti. Marek aveva 18 anni, non pensavo che potesse fare subito il titolare; poi durante la preparazione capii che aveva grande personalità e sicurezza".

    Ci racconta un aneddoto legato a Spalletti? 
    "Ricordo che quando era all'Udinese andai una settimana a vedere i suoi allenamenti, e mi piacque molto. Devo dire che qualcosa da lui ho pescato".

    È vero che c’era la possibilità di tornare a Napoli? 
    "Sì. Prima mi chiamò per prendere il posto di Mazzarri, poi aveva provato a convincermi ad andare a Bari. Ma io non volevo ripartire di nuovo dalla Serie C. In realtà c'è stata anche una terza occasione".

    Ci dica.
    "Poco prima di diventare ct dell'Albania, De Laurentiis mi aveva contattato per diventare responsabile del settore giovanile. Sono stato lì un mese ma non ero convintissimo del progetto, così non se ne fece nulla".

    @francGuerrieri 

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