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  • Sampmania: povera Sampdoria, che cosa ti hanno fatto

    Sampmania: povera Sampdoria, che cosa ti hanno fatto

    • Lorenzo Montaldo
    Non mi interessa minimamente del punticino preso contro il Lecce. Non ce lo meritavamo, anzi, suona persino come una presa in giro. E’ stata una rete fortunosa e casuale, cercata male e trovata peggio, con una testata disperata e un pallone buttato in mezzo a casaccio nei minuti finali. Non è un risultato che fa testo, o che si può analizzare lucidamente per cercare spunti tattici interessanti. Sampdoria-Lecce non c’è stata, siete sicuri che non si possa spegnere e riaccendere come a Football Manager? Persino la colonna sonora risultava fuori luogo, sono entrato allo stadio mentre dagli altoparlanti risuonava ‘Mambo Salentino’, vedete un po’ voi. 

    Non ho più voglia di fare l’ottimista a tutti i costi, il Babbo Natale del pallone, quello che crede agli unicorni e allo zucchero filato. Non ho voglia di ripetere come un disco rotto ‘crederci sempre’, ‘mai mollare’, e altre frasi fatte assortite. Non ho voglia di assistere ad un’altra retrocessione tra applausi e cori, l’ultima mi è bastata e avanzata, e non ho neppure più voglia di ascoltare la solita banalità che mi sento propinare in continuazione, ossia che ‘la rosa della Samp non è da retrocessione, è molto più forte di quella di Lecce, Spal, Verona, Udinese, Genoa’. Non è vero, e lo dice la classifica. Togliamocelo dalla testa il prima possibile, altrimenti si rischia di fare come nel 2011, quando tentavamo di auto-suggestionarci per convincerci di essere ‘più forti di Brescia, Cesena e Lecce’. Non bastano i nomi dietro alla maglia di alcuni calciatori protagonisti di qualche stagione discreta in passato, per fare una squadra. Quelle in fondo alla classe vanno forte, signore e signori. Corrono, giocano e picchiano. Tutte quante, tranne la Samp.

    La cosa che mi rode più di tutte però è vedere come hanno ridotto la mia povera Sampdoria. Spolpata, smembrata, priva di amor proprio e di valori, incapace di trovare stimoli e motivazioni persino in una situazione che è realmente disperata già ad inizio novembre. La Sampdoria è divisa, spezzata da guerre intestine e vuoti di potere, da litigate tra i tifosi che si fanno la guerra per difendere la propria fazione frantumando la meravigliosa galassia Samp in miriadi di agglomerati pro o contro Ferrero, Garrone, Romei, Giampaolo, Di Francesco, i sette nani, Pippo Pluto e Paperino. 

    L’hanno ridotta così il roboante silenzio di una dirigenza che non era mai stata una grande sostenitrice del mutismo selettivo, e si è improvvisamente ritrovata afona, pur contando su un presidente, due vicepresidenti, un direttore, un segretario generale e un capo scout, e le passeggiate sul campo in una gara di celodurismo inutile e insensata. L’hanno ridotta così i bluff, gli ‘all-in’ e i giochi di potere, il desiderio malcelato di onnipotenza e il bulimico sogno di diventare presidente del Palermo, della Roma, della Salernitana, del Livorno, e tante altre sfaccettature dello stesso prisma. A farne le spese siamo noi, che torniamo dallo stadio  e vorremmo leggere un Sampmania in cui si cazzeggia e si parla di quel movimento di Quagliarella, e invece ci ritroviamo a sorbirci (e a scrivere) un pippone interminabile e pesante. Io ad esempio mentre ieri sera lo buttavo giù, non riuscivo a pensare ad altro che ad andare a letto, e a mettermi alle spalle un mercoledì da incubo. Speravo di svegliarmi oggi e di ritrovarmi di nuovo alla mattina precedente, con la partita ancora da giocare. Ma questa non è la Play Station e non c’è nessuna spina da staccare, se non quella di una Samp che agonizza e muore. Per salvarla e farla vivere serve un miracolo. E io di miracoli non ne ho mai visti in vita mia.

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