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Andrea Distaso01 lug 2025, 19:29
Ultimi aggiornamenti: 01 lug 2025, 19:29

Inter: da Inzaghi a Calhanoglu e Thuram, quanti allarmi sottovalutati

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Adesso è facile. Individuare il responsabile o i responsabili del tracollo. Molto meno semplice che additare agli occhi di tutti i cattivi della storia è trovare le contromisure ideali per ripartire. Raccogliere le macerie lasciate dall'ultimo bimestre della stagione e su queste edificare un nuovo progetto, credibile ed accettato da tutti. In casa Inter è il momento del tutti contro tutti a mezzo stampa e social, ma le avvisaglie di pericolo erano diverse e sono iniziate tempo addietro. Lasciando la sensazione che questi campanelli d'allarme siano rimasti colpevolmente e inaspettatamente inascoltati all'interno di un ambiente che negli ultimi anni si era dimostrato impermeabile quasi a qualsiasi fibrillazione.


Le controverse circostanze della separazione da Simone Inzaghi, che ufficialmente sarebbe maturata a strettissimo giro di posta rispetto alla disputa della finale di Champions League di Monaco di Baviera di fine maggio, sono state il primo vero indicatore che, agli occhi dell'opinione pubblica, la situazione all'interno del club nerazzurro fosse molto meno rosea rispetto a quanto non si volesse far trasparire. Le parole dell'amministratore delegato dell'Al-Hilal, che a distanza di qualche settimana riconobbe come le trattative con l'allenatore piacentino fossero iniziate con parecchio anticipo e che, per ragioni di diplomazia, fosse stata portata a galla soltanto tempo dopo hanno dato alla vicenda contorni ben diversi. Che, collegati alla complicata individuazione da parte dell'Inter di un sostituto all'altezza – i tentennamenti di Fabregas prima e di Vieira poi sono lì a testimoniarlo – destano dei dubbi sui pilastri sui quali si fondi il progetto di rifondazione in mano a proprietà e dirigenza. E sulla condivisione di queste idee da parte di chi se n'è andato (Inzaghi) e da chi poteva arrivare e non lo ha fatto (Fabregas e Vieira).


La percezione che la partenza dell'allenatore capace nell'ultimo quadriennio di portare risultati di alto profilo e in alcuni casi al di là delle premesse e delle promesse avesse intaccato qualche certezza nello spogliatoio è stata portata a galla, in maniera clamorosa ed eclatante, da Lautaro Martinez. Che ha sicuramente evidenziato le manovre poco opportune del compagno di squadra Hakan Calhanoglu nel portare avanti il suo desiderio di cambiare aria ma è sembrato puntare il dito anche contro altri. Difficile, per non dire impossibile, fare la caccia ai giocatori nel mirino del Toro senza riscontri oggettivi. Si può tuttavia – rimanendo il più possibile aderenti ai fatti – rilevare come chi a gennaio si era guardato attorno alla ricerca di una nuova soluzione (quello di Davide Frattesi, corteggiato da Napoli e Roma, è un esempio) oggi sia tornato protagonista delle cronache del calciomercato.


Ci sono poi i famosi indizi social, che al giorno d'oggi non possono essere più presi troppo alla leggera, soprattutto quando sempre più calciatori di livello alto si affidano ai rispettivi profili per lanciare messaggi e frecciate tutt'altro che velate a colleghi e presidenti. Se la replica al vetriolo di Calhanoglu nei confronti di Lautaro e Marotta già da sola vale una prima pagina, non può essere sottovalutato il “like” di Marcus Thuram, che nelle parole e nei fatti è sempre apparso come l'alleato più fedele del numero 10 argentino. Possibile dunque che, sotto la cenere, covassero sentimenti ben diversi e che la compattezza all'interno dell'Inter sia progressivamente venuta meno nella seconda parte di stagione, facendo definitivamente detonare l'ambiente a maggio, quando l'amaro epilogo di un'annata da protagonisti su tutti i fronti è stato il preludio alla fallimentare spedizione al Mondiale per club?


In attesa di nuove puntate di una storia dal retrogusto profondamente spiacevole, ma soprattutto delle contromosse che l'Inter è chiamata a mettere tempestivamente e con convinzione in atto – anche per non far partire ad handicap la nuova stagione e l'avventura vera e propria di un tecnico giovane come Cristian Chivu – resta la sensazione che, per la prima volta da diversi anni a questa parte, il mondo nerazzurro sia stato colto alla sprovvista. E che, nella sopravvalutazione della sua capacità di trovare sempre una soluzione, abbia finito per prendere sottogamba tanti ed evidenti segnali di allarme.

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