
Inter, l'estate delle incognite: l'addio di Inzaghi è più grave di quello di Conte. Leoni e Bonny possono bastare a Chivu?
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La sostanziale differenza è che Simone Inzaghi, una volta affermatosi come uno dei tecnici più promettenti alla guida della Primavera della Lazio, ha saputo completare in tempi estremamente rapidi una conversione che lo ha portato a diventare credibile agli occhi di giocatori con curricula importanti e pesanti e a valorizzare tantissimi degli investimenti – spesso a basso costo – che i club nei quali ha allenato gli hanno messo a disposizione. Oggi si chiede a Chivu un lavoro altrettanto efficace ma in un contesto, se possibile, ancora più complicato di quello che Inzaghi ebbe a gestire quando raccolse l'eredità di Conte. Un Conte frettolosamente fuggito, sbattendo la porta, in quanto poco incline ad accettare il ridimensionamento messo in atto dalla vecchia proprietà di Suning.
Un ridimensionamento che ti portava dalle cessioni di Hakimi e Lukaku agli ingaggi di due calciatori comunque di alto rendimento come Dumfries e Dzeko. Senza dimenticare il colpaccio Calhanoglu a parametro zero. Appare molto di pù un salto nel vuoto quello che l'Inter e il suo nuovo allenatore si trovano ad affrontare in queste settimane, nelle quali si paventa la possibilità di perdere un paio di pedine tra i calciatori che hanno contribuito al ciclo di Inzaghi ma per ripartire da giovani di probabilissimo avvenire ma dal presente tutto da decifrare in una dimensione del peso specifico del club nerazzurro.
Sucic e Luis Henrique sono due giocatori che portano freschezza e nuove soluzioni, ma che non possono definirsi giovanissimi da scoprire – sono rispettivamente un 2003 e un 2001 già con una discreta esperienza – e che andranno tuttavia valutati e misurati in un campionato che, pur non attraversando il suo momento migliore, tatticamente ha mandato in crisi colleghi ben più celebrati. Le indiscrezioni che giungono poi sugli ulteriori innesti che l'Inter medita di fare per i reparti di difesa, centrocampo ed attacco (Leoni, Bonny, il ritorno di Pio Esposito, per fare degli esempi) sono quasi tutte votate ad un restyling profondo che andrà a toccare sia l'età media anagrafica di un gruppo tra i più anziani nel gotha europeo, sia il monte ingaggi.
La sensazione crescente è che, dopo un anno di fisiologico adattamento al nuovo contesto, il fondo statunitense Oaktree voglia irrompere nella galassia nerazzurra imponendo le proprie logiche, le proprie dinamiche ed il proprio modo di gestire un'azienda calcistica. Il che comporta dubbi, come minimo legittimi, sulla capacità dell'Inter di mantenere nell'immediato gli stessi livelli di competitività delle ultime stagioni. Almeno a livello di campionato italiano. Un obiettivo tutt'altro che semplice da conseguire, alla luce dei profondi cambiamenti che stanno toccando altre competitors e del sensibile rafforzamento che sta toccando il Napoli. Servirà sbagliare poco o nulla, confidando che Chivu dimostri da subito doti da fuoriclasse nel saper trasferire il suo carisma e la sua leadership da calciatore in una nuova veste.
Tutto possibile e fattibile, ci mancherebbe. Ma almeno oggi concedeteci di avere qualche dubbio.
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Seconda stella? No, cinque pappine.