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  • La storia di Carlo Castellani, l'unico deportato a cui è stato intitolato uno stadio. Anzi, tre

    La storia di Carlo Castellani, l'unico deportato a cui è stato intitolato uno stadio. Anzi, tre

    • Federico Targetti
    L'Empoli è ormai protagonista di rilievo nel calcio italiano, al di là degli scalpi importantissimi che la squadra del presidente Corsi, che rappresenta una piccola realtà di poco meno di 50mila abitanti nella città metropolitana di Firenze, porta a casa ogni anno. Juve, Napoli due volte l'anno scorso, Inter pochi giorni fa. I talenti di Asllani e Baldanzi, ultimi in ordine di tempo, certificano la bontà del progetto e l'impostazione tattica data negli anni dai vari Sarri, Giampaolo, Andreazzoli e Zanetti rende un piacere assistere le partite allo stadio Carlo Castellani. Così si chiama l'impianto di Empoli, che tra l'altro dovrà presto essere ritoccato. Ma chi era Carlo Castellani? 

    CHE CANNONIERE - La giornata della memoria è il momento opportuno per documentarsi su questo grandissimo attaccante, la cui unica sfortuna fu quella di giocare nel periodo più sbagliato. Castellani, dopo essersi fatto notare come bomber con le maglie di Viareggio e Livorno, tra il 1926 e il 1939 gioca nove stagioni nelle serie minori con l'Empoli e realizza 61 gol in 145 presenze. Fa registrare numeri che sarebbero stati battuti solo nel secolo successivo da Massimo Maccarone e Ciccio Tavano, e addirittura uno dei suoi record resiste tutt'oggi: nell'Epifania del 1928 Empoli-San Giorgio Pistoia finisce 8-5, Castellani segna addirittura cinque gol, score mai superato in una partita da nessuno in azzurro. Il più vicino? Nicola Pozzi, che nel 2007 ne fece 4 al Cagliari, e litigò con il tecnico Malesani, che lo tolse a mezz'ora dalla fine, perché voleva eguagliare Castellani nello stadio che porta il suo nome. 

    LA TRAGEDIA - Carlo è figlio di David Castellani, fervente socialista e antifascista che aveva rifiutato di prendere la tessera del fascio. La notte tra il 7 e l'8 marzo 1944 in piazza della Chiesa a Fibbiana si ferma un camion. I carabinieri e il gerarca bussano a casa Castellani e risponde Carlo, 35enne, che aveva smesso di giocare a 30 e che aiutava ancora l'Empoli con qualche donazione. Cercano il padre David, che non sta bene in quel momento. Carlo si offre di rispondere al suo posto, probabilmente non realizzando che si trattava di una retata. Una volta messa a fuoco la situazione, Castellani, atletico ex attaccante in piena salute, avrebbe la possibilità di fuggire prima di arrivare a Firenze, ma non lo fa, consapevole che in quel caso i nazifascisti avrebbero fucilato le persone che erano con lui. Viene deportato e giunge nel campo di concentramento di Mauthausen, schedato come prigioniero politico con il numero 57026. Lui, che di politica non si interessava affatto. Da Mauthausen viene diretto al sottocampo di sterminio di Gusen, dove parteciperà alla costruzione di Gusen II. Morirà pochi mesi dopo, tra l'11 e il 14 agosto, soffrendo "più di Gesù Cristo", come avrebbe detto all'amico Aldo Rovai, sopravvissuto. 

    AD MEMORIAM - ​L'Empoli ha subito deciso di intitolargli non uno, ma due stadi: il vecchio impianto più vicino al centro, quello cosiddetto di 'Naiana' e il più recente, spostato al di là del fiumiciattolo Orme, dove tuttora giocano i campioni della Serie A e dove è atteso il Torino domani. Montelupo Fiorentino, il suo paese di nascita, ha fatto lo stesso, conservando negli anni la memoria dell'ex calciatore e dedicandogli l'impianto polivalente poco fuori città. Di fatto, è lui l'unica vittima delle deportazioni nazifasciste alla quale è stato dedicato almeno un impianto sportivo in giro per l'Europa. Il nome di Castellani si può leggere in molte targhe ad perpetuam rei memoriam, allo stadio per esempio, ma una su tutte proprio a Gusen, nel posto in cui un grande atleta è stato svuotato della sua personalità e distrutto nel giro di pochi mesi dall'orrore del nazismo.

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