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  • Lazio, sempre più giù

    Lazio, sempre più giù

    • M. A.

    Discesa libera. Ripida e pericolosa. Proprio come lo scorso 17 marzo, a Torino la Lazio perde di misura una partita giocata quasi per intero nella metà campo avversaria. Proprio come la scorsa stagione, all’Olimpico granata la squadra di Vladimir Petkovic mantiene a lungo il controllo del gioco attraverso il possesso palla, ma una differenza c’è ed è decisamente importante: allora la Lazio, abbattuta sotto la neve dal lampo dell’inatteso Jonathas, subiva l’aggancio della Roma e usciva per la prima volta dalla zona europea; stavolta, incassato senza saper reagire il gol del polacco Glik, la squadra biancoceleste scivola al 13° posto (tenendo conto della differenza reti) e comincia a tremare: la terzultima piazza occupata dal Livorno, prossimo avversario della Lazio, dista soltanto quattro lunghezze.

    La serie B, per carità, resta uno spettro lontano. La Lazio non meriti la Champions sognata da società e allenatore a inizio stagione, ma neppure la posizione attuale: figurarsi la retrocessione. Il trend negativo, però, va invertito in fretta. Nelle ultime dieci giornate di serie A la squadra di Petkovic ha ottenuto una sola vittoria (contro il Cagliari a fine ottobre) collezionando appena otto punti. E che dire del rendimento lontano dalla Capitale? Quattro punti in otto partite: peggio hanno fatto solo Catania (sempre sconfitto), Atalanta e Cagliari, che però ha giocato sette gare fuori dalla Sardegna.
    Numeri tutt’altro che casuali - quelli che riporta  Il Tempo - come confermato anche dal Torino. Il dominio territoriale non può bastare, il possesso palla non è sufficiente se in novantacinque minuti non crei neppure una chiara occasione da gol. Questa è la Lazio attuale, una squadra grigia e insicura, punita da un Torino appena sufficiente: i granata hanno sfruttato con cinismo il solito passaggio a vuoto della difesa biancoceleste e poi – fallito dal sempre positivo Cerci l’immediato raddoppio – si sono limitati a controllare con ordine gli attacchi avversari.
    Tutto troppo semplice, mentre il confuso Petkovic si arrovellava ancora una volta nella solita inutile girandola di moduli (4-1-4-1 in avvio, 4-4-1-1 dalla mezz’ora, poi 4-3-3 a inizio ripresa, 4-2-4 dal sessantesimo fino al caotico e inutile 4-5-1 finale) e il reparto offensivo biancoceleste mostrava ancora una volta le carenze note (a tutti tranne che alla società). Ma ora non c’è tempo per leccarsi le ferite: giovedì arriva il Trabzonspor e poi domenica c’è il Livorno, una sfida importante per la Lazio e decisiva per Petkovic, che già pregusta la Svizzera ma rischia di rimanere senza panettone. 


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