
Laziomania: Spalletti, perché Raspadori e non Zaccagni?
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La Lazio, trascinata dagli oltre tremila sostenitori giunti a Monza per incitare gli uomini di Baroni, un vero e proprio esodo biancoceleste, ha la colpa di non chiudere la gara, ma il grandissimo merito di saper soffrire e portare a casa il risultato pieno. Una dote posseduta solamente dalle grandi squadre, capaci di strappare i tre punti anche in giornate un po’ storte, dove non gira bene e l’avversario sembra avere qualche giro in più nel motore.
Eppure sul campo del Monza, la Lazio offre ancora una volta certezze dal punto di vista tattico e della capacità di essere camaleontica, cambiando uomini e sistemi di gioco senza perdere mai i propri riferimenti. Baroni rinuncia a Castellanos per rinforzare il centrocampo con una linea a tre più muscolare, la squadra si adatta presto nel tentativo di bloccare le iniziative degli avversari. A gara in corso il sistema di gioco torna ad essere il 4-2-3-1, con Vecino avanzato di qualche metro, e la squadra si adatta immediatamente e prende le misure agli avversari.
A Monza la decide capitan Zaccagni con un tiro a giro imprendibile per Turati. Una giocata da campione del numero 10 biancoceleste, che prima colpisce il palo e poi aggiusta il mirino e castiga il Monza. Viene da chiedersi come Spalletti abbia potuto lasciarlo ancora fuori dalla lista dei convocati di questa Nazionale, per far posto a un Raspadori che sta trovando davvero poco spazio nel suo Napoli, con appena 49 minuti nelle ultime nove di campionato, di cui sei passate interamente in panchina.
Chi a Coverciano ci andrà è Nicolò Rovella, che proprio a Monza completa il cerchio. In Brianza ha giocato la sua prima stagione da titolare e protagonista in Serie A, prima di spiccare il volo con la Lazio e guadagnarsi meritatamente la prima chiamata con la Nazionale maggiore. All’U-Power Stadium gioca una grande gara. Oltre a quella del numero 6 spicca anche la prestazione di Romagnoli, un gigante tra le maglie biancorosse e un vero e proprio muro per gli avversari. Una prova straordinaria con il numero 13 biancoceleste sulle spalle davanti all’ex capitano e leggenda laziale Alessandro Nesta, idolo d’infanzia e vero e proprio modello.
Questa Lazio dimostra di saper soffrire da grande squadra, di stringere i denti quando le fatiche europee si fanno sentire e saper giocare e divertire, vincendo. Sono quattro le vittorie di fila in campionato, dieci nelle ultime undici gare tra tutte le competizioni. Numeri da top di una squadra che spreca tanto e non raccoglie quanto avrebbe meritato. Un gruppo sempre più a immagine e somiglianza del suo allenatore, emblema di competenza, professionalità, umiltà e umanità. Uno che ha voltato completamente pagina e rotto col passato con i fatti, accettando di dover affrontare una gara ogni tre giorni e facendolo nel migliore dei modi, senza l’attenuante degli impegni ravvicinati. Questa squadra non solo risponde presente nelle gare dopo le coppe ma le vince tutte. I numeri parlano chiaro: 4 vittorie su 4 in Europa League e altrettante in campionato nelle sfide successive alle gare europee un taglio netto col le vecchie gestioni e filosofie.
Ora la sosta, che consentirà alla squadra di rifiatare e ricaricare le batterie, almeno per coloro che non partiranno con le rispettive nazionali. L’opportunità per Baroni di continuare a lavorare sul campo, a Formello, e preparare con maggiore serenità i prossimi impegni tra campionato ed Europa League. Si ripartirà con un doppio impegno all’Olimpico, contro Bologna e Ludogorets, prima della trasferta di Parma. Una chance da sfruttare, con il supporto fondamentale del proprio pubblico, per continuare a sognare, ma mantenendo i piedi per terra e costruendo il proprio destino un pezzettino alla volta, gara dopo gara, a volte dominando, altre soffrendo, quando serve, ma con i tre punti e nient’altro in tasca.
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