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  • Sampmania: la parte dell'albero nella recita di fine anno

    Sampmania: la parte dell'albero nella recita di fine anno

    • Lorenzo Montaldo
    Per la serie: ‘Frasi che sarebbe stato meglio non pronunciare’, il premio di quest’anno va a Claudio Ranieri. “Contro l’Inter non vogliamo interpretare la parte dell'agnello sacrificale”, aveva detto il tecnico della Sampdoria. Pensa se l'avessimo fatto. Trovandosi al cospetto di un’avversaria stile ultimo giorno di scuola, la formazione blucerchiata ha pensato di comportarsi da comparsa nella recita di fine anno dei nerazzurri. Vi ricordate alle elementari, quando vi capitava la parte dell’albero nello spettacolo di giugno? “Resta sullo sfondo, in disparte, non ti muovere e non rovinare la scena ai protagonisti”. Di solito toccava ai più imbranati, ai timidi e agli impacciati. Ecco, questo è stato il Doria di ieri, perfetto nel suo compito di scenografia per ‘quelli bravi’. Stupendamente calati nella parte, i blucerchiati hanno accompagnato il tripudio nerazzurro con fanfare e tributi ai freschi Campioni d’Italia. Non ho niente in contrario a riconoscere a chi è più bravo il giusto merito, però preferirei farlo alla fine di una partita, non all’inizio. Pazienza.

    Se l’Inter era in versione balneare, con tanto di ciabatte ai piedi, la Samp è riuscita addirittura a presentarsi scalza e in costume. Più che una partita, sembrava la spiaggia di Mykonos, mancavano solo un pelato con lo slippino a forma di elefante, il vocalist e un po’ di vino di scarsissima qualità. I nerazzurri si divertivano tra scherzi e lazzi, mentre noi restavamo in disparte ad osservare gli altri svagarsi. Tutto abbastanza spiacevole. Alla squadra blucerchiata, semplicemente non pervenuta di fronte alle mazzate avversarie, il ruolo dell’invitato silenzioso e inerte è venuto piuttosto bene, nell’ambito della più classica delle imbarcate.

    L’analisi di un 5-1 di questo tipo lascia il tempo che trova, non ho neppure troppa voglia di concentrarmi a sviscerare una gara già indirizzata dall’ingresso in campo. L’andazzo si intuiva persino dal comitato di accoglienza riservato all’undici di Conte. Gesto bello, per carità, ma a mio modo di vedere un po’ stucchevole. Lo ripeto, preferirei complimentarmi dopo aver giocato, e magari perso. Non prima. La fotografia della gara, comunque, non viene restituita neppure i numeri. A basarsi sulle fredde statistiche, uno potrebbe addirittura pensare ad un match in equilibrio. I tiri per parte sono gli stessi (14 a 14, di cui 7 in porta per l’Inter, 3 per i doriani), possesso simile, più palle perse per gli uomini di Ranieri rispetto ai giocatori di Conte, ma il numero delle recuperate è quasi lo stesso. Tali dati non trasmettono la realtà di una gara mai in bilico, mai combattuta, ma sempre in maniera salda nelle mani di Handanovic e compagni, in grado di fare a fette a piacimento i genovesi con triangoli rapidi, fraseggi palla a terra, ripartenze brucianti sulle corsie e scambi ad un tocco capaci di lasciare di sale i blucerchiati. 

    I numeri invece sono utili per ricostruire le due filosofie diverse: il Doria ha effettuato quasi il doppio dei lanci dell’Inter, 58 a 38, conditi dal doppio dei cross, 21 a 9. Non un’idea brillante, se la difesa avversaria schiera due giocatori come Bastoni e Ranocchia, alti rispettivamente 190 e 195 cm, e tu rispondi con una punta alla Keita, mai stato eccelso colpitore di testa, e rispolveri al suo fianco Ramirez, la cui ultima da titolare risale allo scorso 20 febbraio. Il problema è che il Doria neppure in panchina ha un giocatore con le caratteristiche adatte per approfittare di cross e sparate da dietro. L’unico, Torregrossa, lo vedremo (forse) l’anno prossimo. Viceversa, il computo delle sponde effettuate è impietoso: 9 per l’Inter, solo 1 per i blucerchiati. Ad ogni modo, scusate ma cercare di dare un’interpretazione logica e consequenziale ad un 5-1 mai in discussione mi risulta impossibile. Magari vi aspettereste delle attenuanti, qualche aspetto positivo, insomma, qualcosa di buono da sottolineare nell’incontro di ieri. Mi dispiace, ma non sono abbastanza bravo per farlo.

    Chiudiamo questo Sampmania con una nota… di colore, è proprio il caso di dirlo. Lo so, i difensori del calcio-business mi daranno addosso, “I soldi degli sponsor ce li mettete voi” e bla, bla, bla ma, gusto personale, la maglia bianca indossata ieri dalla Samp era un pugno nell’occhio. Già lo sponsor verde su sfondo biancocerchiato stona come un filosofo al Tropicana, ma l’aggiunta di un altro logo sotto la banda centrale, con tanto di font differente e cinque, ulteriori colori ha dato la mazzata finale. Pareva il volantino promozionale all’ingresso distribuito all’ingresso del centro commerciale. Tranquilli, non è il peggio visto a Milano.Per caso ve li ricordate, i visori 3D?

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