
Scudetto Napoli, affinità e differenze tra le imprese di Conte e Spalletti
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STESSA PASTA - A contraddistinguere Conte e Spalletti è senza dubbio il carattere, incentrato su modi che spesso possono risultare poco accomodanti ma che rientrano nella gestione dei rapporti con l'esterno. Proteggere la squadra creando una sorta di bolla, lasciando trasparire poco o nulla delle reali sensazioni e convinzioni: questa la traccia percepita nell'osservare entrambi i processi, con un'enorme dose di personalità a farla da padrone. Sia oggi, che nel percorso di Big Luciano.
BASSO PROFILO… MA NON TROPPO - Due allenatori con un'innata e spiccata leadership messa al servizio dei propri calciatori, tradotta nelle imprese tricolore compiute alla guida del Napoli. Conte ha scelto costantemente di volare basso per non rischiare di precipitare e farsi male, Spalletti nel suo biennio azzurro optò per la medesima filosofia. Low profile e umiltà, senza però accantonare il concetto di ambizione. Colei che, se abbinata all'umiltà necessaria per dare il massimo, può portarti a exploit come quelli all'ombra del Vesuvio. Ecco perché, al netto di ciò che è stato fatto trasparire, gruppo e staff hanno coltivato in silenzio la certezza di potercela fare, senza alzare troppo l'asticella in termini di comunicazione se non in fasi che hanno reso possibile sbottonarsi.
GLI STILI DI GIOCO - Una differenza tra lo Scudetto di Conte e quello di Spalletti risiede senz'altro nelle proposte di gioco: pragmatica, solida e conservativa quella del salentino; ariosa e spettacolare quella del toscano. Ciò è scaturito anche dalle caratteristiche dei singoli a disposizione, col Napoli 2024/2025 più fisico e meno avvezzo al talento rispetto alla squadra del 2022/2023, che poteva vantare pedine di maggior qualità.
L'IMPRESA DI CONTE - Le idee di calcio offerte in azzurro fungono da gancio per esaltare l'impresa Contiana, figlia di una rosa poco profonda e calciatori da migliorare tecnicamente e rigenerare dal punto di vista psicologico. Colpa della scorsa fallimentare annata, che ha ribaltato in negativo i giudizi sui progressi avviati ma poi azzerati dal 2023/2024 da incubo. Club costretto a rinnegare le scelte sbagliate e rivoluzionare la rosa su input di Conte, bravo a farsi dare carta bianca da ADL per riportare in alto il Napoli attraverso investimenti mirati. Ok i vari Buongiorno, Lukaku, McTominay e Neres, ma le scorie del recentissimo passato non potevano essere rimosse con un colpo di spugna e così il tecnico leccese ha dovuto riplasmare l'intero organico, facendo gettare il cuore oltre l'ostacolo ai suoi per fronteggiare emergenze e colmare limiti - nel confronto con l'Inter di turno - palesemente oggettivi.
KVARA E I RICAMBI - Khvicha Kvarastskhelia, in tal senso, può essere considerato l'emblema del parallelismo che stabilisce la portata dei due titoli vinti. Spalletti ha potuto far leva sulla classe del georgiano abbinandola ad un Victor Osimhen in stato di grazia, inoltre in panchina gente come Elmas, Lozano e un Simeone sfruttato nel modo giusto hanno assicurato gol, assist e ricambi di spessore. Conte si è visto privato del 77 nel pieno della stagione e, voltandosi verso la panchina (Gilmour e Raspadori a parte), non ha mai constatato di possedere risorse all'altezza dei titolari.
CHAPEAU, ANTONIO - Insomma, pur senza naturalmente sminuire la meraviglia targata Spalletti, tanto di cappello a Conte per quanto confezionato al suo primo anno napoletano: due Scudetti messi in bacheca percorrendo strade in salita, appianate dalla bravura di chi ha alzato i giri del motore azzurro rivelandosi più forte delle difficoltà.

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L'affinità è che se ne vanno tutti e due il giorno dopo....