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  • Dalai: quello che Icardi non dice

    Dalai: quello che Icardi non dice

    Icardi ha detto:
    Siete dei pezzi di merda
     
    Icardi avrebbe voluto dire:
    Amici, fratelli, cittadini. Guardiamoci negli occhi per un attimo, un momento solo che valga per tutta la nostra storia, per il passato e il futuro. Guardatemi. Sono giovane ma non lo sarò per sempre. Questi sono gli anni migliori della mia carriera e a meno che non decida di intraprendere un’altra professione pubblica una volta appese le scarpe al chiodo, sono anche quelli della gloria, dei piccoli e grandi trionfi domenicali, dei bagni di folla e degli abbracci. Amici interisti, non vi ho scelto ma vi ho abbracciati fin dal primo giorno. Uno non se li sceglie i tifosi, li trova lì adoranti, come fossero naturali e impegnative zavorre della maglia. Li sposa sapendo che non ci sarà amore nella cattiva sorte, che non c’è gratitudine che tenga quando le cose vanno male. Li sposa sapendo che ancor prima che loro lo tradiscano, sarà lui a scappare con un’altra (maglia). Sono giovane e se i quintali di foto che mi scatto con ogni apparecchio elettronico disponibile sul mercato (fosse anche uno spremiagrumi), non mi tradiscono so di essere anche belloccio. Mi fotografo, mi fotografano e come fosse un domino le ragazzine s’innamorano di me e i fidanzati di tutta Italia mi insultano. Non solo loro, a dire il vero. Anche Maradona si è preso la briga di dichiarare che mi prenderebbe a calci e pugni o che lo avrebbe fatto se fossi stato un suo compagno di squadra. Tutto ciò in virtù del fatto che mi sono innamorato della moglie di un amico, che ci siamo fidanzati e che nel giro di un anno l’ho sposata e abbiamo avuto una bimba. Vi pare il comportamento di un cattivo ragazzo, di uno che fa le cose con leggerezza? Io dico di no, amici e fratelli, ma ognuno la pensi come vuole, che tanto continuerò a fotografarmi e a fare innervosire chi m’invidia gioventù e famiglia. Ma non parliamo di questo, non qui e oggi. Mi state insultando. Mi sono avvicinato per regalarvi la maglia, mi sembrava l’unica cosa decente da fare dopo una partita del genere. Siete venuti fin qui, ci avete sostenuto e vi abbiamo ripagati con una partita da incubo, di quelle che solo voi conoscete e riuscite a sopportare. Abbiamo giocato male, siamo stati lenti e abulici, prevedibili e noiosi, spompi e senza grinta e tutto questo non ha alcun senso, non c’è giustificazione per una zozzeria del genere. Oddio, abbiamo… Hanno. Già perché io sono entrato quando la frittata era già fatta e nel deserto delle idee e dei palloni giocabili mi sono pure inventato un gol, l’undicesimo per la precisione. Avete idea miei cari di quanto sia difficile segnare undici gol in questa squadra disastrata e depressa? Temo di no. Per questo quando mi son preso la briga di partecipare a scuse dovute in quanto parte di un gruppo e non di certo perché colpevole singolarmente, ci son rimasto male. Mi avete tirato la maglia indietro e avete fatto cenno di non volerla, mi avete dato dell’indegno. Allora io che penso sempre bene ho avuto una piccola tentazione. Oltre s’intende a quella di farmi un selfie con voi che mi insultavate con le vene del collo gonfie e le facce stravolte. Ho pensato che forse è necessario che io diventi antipatico per addolcire la pillola di una possibile cessione futura, ma dico solo forse. Insomma, ho fatto 11 gol inventandomi palloni e cross che non c’erano, sono uno dei centravanti più ricercati e richiesti al mondo eppure il mio allenatore, che in genere non parla mai male di nessuno, si prende la briga di dire che non faccio vita da sportivo e che devo crescere e migliorare. Che poi lo dice di me e di quell’altro, l’unico che ha un po’ di mercato, il croato. Il problema siamo io e lui, pare. Allora amici, mentre raccolgo la maglia e penso che non dovrebbe andare così e che io e voi dovremmo volerci bene sempre, perché sono lo stesso che appena vede il pullman della Juve ha già voglia di mettergliela nel sacco e perché io all’Inter ci sto bene e provo sempre a fare il mio, proprio ora mi viene un po’ da piangere e un po’ perdo la pazienza e vi dico una cosa che non penso. Eccola.
    Siete dei pezzi di merda.
    Con rispetto parlando.

    Ora scusate ma devo andare, c’è un cross di Dodò di due settimane fa che sta per toccare terra e non voglio farmi scappare la ghiotta opportunità, che chissà quando ricapita. A presto, vostro Mauro.

    Michele Dalai

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