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  • Sampmania: la narrativa su Bruno Fernandes e Giampaolo alla Sampdoria

    Sampmania: la narrativa su Bruno Fernandes e Giampaolo alla Sampdoria

    • Lorenzo Montaldo
    Ogni volta che Bruno Fernandes segna un gol al Manchester United o gioca una partita di livello - e fidatevi, accade spesso - da qualche parte un sampdoriano apre la bocca e ripete a pappagallo la tiritera mandata a memoria in questi anni. ‘Vi ricordate quando giocava da noi’ ‘A Giampaolo non piaceva’ ‘Giampaolo lo ha fatto andare via’. La narrativa su Bruno Fernandes alla Sampdoria è ormai depositata, codificata e ben sedimentata. Una bugia? Interessa poco, come tutte le balle ha bisogno di essere ripetuta e ribadita per radicarsi nelle coscienze.

    Ora, sembra francamente incredibile dover parlare ancora, a distanza di due anni, di un allenatore non più a Genova da due stagioni. Non riesco proprio a capire tutto l’astio vomitato addosso ad una persona mai scorretta o irriguardosa nei confronti della Sampdoria, mai sopra le righe, molto più rispettosa di tanti altri elementi transitati in blucerchiato negli anni, ma tant’è… Vi giuro, non riesco a digerire la necessità, da parte di una fetta di pubblico blucerchiato, di accollare patenti di infamia ad un uomo capace di tributare, alla squadra per cui lavorava, un atto di amore come il seguente: “L’altra sera guardavo in televisione 'Che tempo che fa”. Quagliarella ha regalato la sua maglia a Fazio. Ero con mia moglie, le ho detto 'guarda come è bella'. La maglia della Samp respira fascino. È riconoscibile. È quella. Non si camuffa. Il fascino della Samp deriva anche da quella maglia, ha un senso di antico e di storico, la riconoscevi anche quando la tivù era in bianconero. Tutti la vogliono. Rappresentarla nel modo migliore… questo è il mio sentimento. E il sentimento è la prima cosa, senza non fai niente.” Capirei un commento personale, relativo ad un gioco non gradito, c’è magari chi stravede per quello attuale e detesta l’organizzazione del tecnico abruzzese, non discuto i gusti. Ma la caccia alle streghe, il dispregiativo utilizzo degli esoneri come elemento qualificante o l’ironico ‘Maestro’, termine per inciso mai usato da lui, e sempre attribuitogli da esterni, proprio no. 

    Ma comunque, torniamo alla narrativa Bruno Fernandes. Sempre nell’intervista di cui sopra, (vi invito a riprenderla, QUI la trovate), Giampaolo dice una frase importante: “Noi l’estate scorsa abbiamo ceduto quattro elementi chiave, Schick, Muriel, Fernandes e Skriniar. E Zapata e Strinic sono arrivati il 31 agosto. Io non ero convinto di fare meglio del decimo posto scorso. La squadra ha saltato qualche step, è andata oltre le aspettative, ma non eravamo costruiti, preparati per giocarci l’Europa”. Vi sembrano parole di uno che ‘Lo ha fatto andare via?’. 

    Posso anticipare le perplessità. “Sono frasi di circostanza, si dicono spesso”. Se non bastassero le dichiarazioni esplicite e palesi (chissà per quale motivo con altri le affermazioni sono oro colato, per Giampaolo no), facciamo una cosa, guardiamo ai numeri. ‘Giampaolo preferiva Alvarez a Fernandes. Non è vero: le presenze sono 33 per entrambi, ma il minutaggio di Fernandes (1723 minuti) è quasi il doppio di quello dell’argentino (980).Le presenze da titolare, invece, sono 22 per il portoghese e 11 per l’ex Inter. Di nuovo il doppio. Delle due l’una: o Fernandes entrava tutte le volte al 38’ del primo tempo, e mi sembrerebbe strano, oppure la leggenda popolare è chiaramente inventata. Ah, per inciso, il trequartista portoghese venne ufficializzato il 16 agosto, dopo aver saltato tutta la preparazione estiva. Era con la Nazionale olimpica, eliminato dalle Olimpiadi ai quarti di finale il 13 agosto, dopo una stagione cominciata un anno prima, con l’Udinese, e durata 365 faticosi giorni, in cui aveva totalizzato peraltro 31 presenze. Un iniziale periodo di assenza dai campi era abbastanza fisiologico, direi.

    Non dovrei poi neppure specificare un fatto evidente alla maggioranza dell’umanità senziente, ma forse è il caso di esplicitarlo. Non si sa mai. Giocare nello Sporting Lisbona in Portogallo, o nel Manchester United, non è come giocare nella Sampdoria. Non è la stessa la mole di occasioni create, non è la stessa la quantità di tempo trascorsa nella metà campo avversaria, non sono gli stessi i compagni che ti restituiscono il pallone, il modo in cui lo fanno, i tempi dei movimenti altrui, i varchi a disposizione, le occasioni create, e le chance a tua disposizione. E giocare a 22 anni non è come farlo a 27. Bruno Fernandes è un atleta fantastico, ma neppure parente di quello visto alla Sampdoria. 

    Anzi, siamo sicuri di poter escludere a priori che, se Bruno Fernandes è lo splendido calciatore ammirato oggi, non sia anche un po’ merito della Sampdoria e di Giampaolo, in grado di indottrinare e imbrigliare tatticamente un talento fino a quel momento grezzo e indisciplinato, e oggi stupendo per intelligenza e sagacia nella zona di campo da occupare, e nella ricerca dello spazio in cui collocarsi? Io no, non mi sento di escluderlo. Anche perché, indovinate un po’ di chi è stata l’intuizione di avanzare il suo raggio d’azione di dieci metri? Già, proprio del tizio che non lo voleva e gli ha tarpato le ali. A Udine giocava centrocampista o mezz’ala, l’anno prima aveva disputato 20 partite in bianconero da centrale. Vorrei incontrare anche io una persona così desiderosa di mettere i bastoni tra le ruote alla mia carriera, giuro.

    Ultima cosa, poi non ne parliamo più. Vi ricordate Samp-Palermo? Io sì, benissimo, è stata una delle due partite in casa della Samp a cui non ho assistito dalla tribuna stampa del Ferraris negli ultimi cinque anni. Ero sul divano, con i calcoli renali, e dovevo pure fare un pezzo per Il Giornale di Sicilia. Bruno Fernandes aveva salvato la panchina di Giampaolo con una fucilata all’incrocio. Sì, era evidente il loro scarso feeling. Giampaolo aveva proprio tutti i motivi del mondo, per volerlo a tutti i costi fuori dai piedi. Ma d’altro canto, questa ormai è letteratura. Fittizia, creativa, come volete. Ma la verità, si sa, è soggettiva. Dipende sempre da chi guarda.

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