
Timossi: Roma, ci vorrebbe Ranieri
Ad agosto Ranieri è volato in Inghilterra. Lo incontrai a inizio luglio, mi venne a raccattare all’uscita della Luiss (la prestigiosa università romana dove lavoro con gioia e passione), scattò un paio di foto con gli uomini della vigilanza, pranzammo insieme e parlammo di calcio. “Voglio tornare ad allenare, devo farlo, sento che posso ancora dare qualcosa”. Lo chiamarono a Cagliari, ero contento per Ranieri e per Stefano Capozucca, il ds dei sardi. Mi sembrava un binomio vincente, non si misero d’accordo sull’ingaggio. Non la presi bene, ma sbagliavo. Sbaglio quando penso che mettere in chiaro le questioni economiche sia una falsa partenza. Funziona esattamente al contrario. Perché il valore e il lavoro di una persona devono essere pagati con equità, seguendo le regole del mercato, in questo caso del mercato del calcio.
Così il mio amico Ranieri è volato a Leicester, nella piccola cittadina delle East Midlands. Dove ha già conquistato 28 punti e la testa della classifica. Tutto grazie al miglior attacco, 28 gol realizzati, 10 messi a segno dal bomber Jamie Vardy. Questo dopo 13 partite, quattro vittorie di fila, prendendo una squadra che nel precedente campionato si salvò a fatica e che quest’anno ha speso complessivamente 30 milioni di sterline, più o meno gli stessi soldi spesi dal Manchester United per il solo Schweinsteiger, meno di quanti ne ha tirati fuori il City per Otamendi. E loro, per il momento, stanno dietro. Fin qui Ranieri ha vinto molto meno di quanto meritasse. Ha portato il Cagliari dalla serie C alla B, ha vinto pure il campionato di serie B, riportando in serie A la Fiorentina.
Così, ora, torniamo alla storia di Grossa Mano. “Datemi una mano”, chiese un giorno l’allenatore all’ambiente viola. A Firenze sono fatti così, non tutti, ma parecchi sì: amano prendere in giro gli altri, non dimenticano, raramente perdonano, crudi come una bistecca al sangue, a tratti crudeli. E così Ranieri diventò Grossa Mano. Sospendeva un allenamento perché l’Italia era letteralmente divisa in due da una storica nevicata? Nulla, era colpa di Grossa Mano. E la storia finì. Come finì (tra gli applausi) quella con il Chelsea, non appena arrivarono i rubli di Abramovich, dopo anni di stenti finanziari e brillanti risultati sportivi. E finì poi la storia con un’ingrata Juventus, che lui portò da neopromossa in Champions League. La vita va così, in fondo a Leicester sono felici di quanta poca riconoscenza ci sia nel mondo del calcio.
Ma una primavera fa, chiacchierando con l’attore romanista Alessandro Roja (il Dandi di Romanzo Criminale), sognavamo insieme una coppia d’eccezione per la Roma: Ibra in attacco e Ranieri in panchina. Va detto, Roja è il genero dell’allenatore, ha sposato la figlia, Claudia Ranieri. E sempre una primavera fa, in tempi non sospetti, scrissi di questo sogno nell’amato Charuto. Ora, visto il pantano di Bologna, il rocambolesco 2-2 della Roma, l’ennesima stravagante spiegazione del tecnico Rudi Garcia, sono sempre più convinto della bontà di quella chiacchierata. Insisto: la Roma resta la candidata numero uno per la vittoria dello scudetto, la squadra stavolta è stellare, almeno in rapporto alla concorrenza e Dzeko resta un ottimo attaccante. Ma Ibra resta di un altro pianeta. E il romanista Ranieri in panchina avrebbe scritto una storia diversa, probabilmente una bellissima favola per chi tifa Roma. Perché certe volte anche i sogni, per realizzarsi, hanno bisogno di una grossa mano.
Giampiero Timossi