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  • Torres, il bambino che c'è in ognuno di noi

    Torres, il bambino che c'è in ognuno di noi

    • Federico Zanon
    Apro gli occhi, accendo il telefono, leggo un messaggio di un amico: "Torres si ritira". Inizia così un caldo venerdì di giugno, poche parole che non possono lasciarmi indifferente. Devo essere sincero, un po' me l'aspettavo, da un anno, da quando ha scelto di chiudere la carriera in Giappone, nel modesto Sagan Tosu, è diventato un giocatore stanco e appesantito, eppure il tonfo al cuore è stato grande. Chi ama il calcio, nella sua sfumatura più romantica, non può non sentirsi così. Triste, spaesato, per qualcosa che finisce, della quale sentiremo la mancanza. Dà l'addio al calcio uno degli attaccanti più forti della mia generazione, saluta un bambino che ce l'ha fatta, che ha inseguito i sogni e li ha realizzati.

    E' un bambino, Torres, quando, nel 2005, entra nella cantera dell'Atletico Madrid, la squadra del suo cuore, per la quale litiga con i compagni di classe, tutti del Madrid. E più che bambino quando esordisce in prima squadra (a 17 anni, nella stagione 2000/01) e ne diventa il capitano (a 19, nel 2003). Dalle parti del Calderon per tutti è il Niño, il bambino, un soprannome che lo accompagna per tutta la carriera, anche quando spuntano le prime rughe, anche quando torna a casa, dopo una carriera tra Liverpool, Chelsea e Milan, per vincere l'ennesimo trofeo della sua carriera, quello più significativo, più desiderato, il primo con il suo amore, l'Atletico Madrid (l'Europa League contro il Marsiglia). 

    A 35 anni Torres chiude una carriera ricca di successi, tra i quali una Champions League, due Europa League, un Mondiale e due Europei. Saluta dopo 858 partite, 295 reti da pro tra club e nazionale spagnola e la sensazione che senza gli infortuni, senza alcune scelte sbagliate (su tutte quella di lasciare il Liverpool per il Chelsea), senza la fragilità emotiva che l'ha contraddistinto sarebbe diventato uno dei più forti della storia. Ma in fondo va bene così. Nessuno si ricorderà del Torres grigio e spento di Londra e Milano, per tutti resterà l'attaccante elegante con la faccia fa bambino. Un artista del calcio, con le debolezze di un Niño, diventato leggenda.

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