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  • Atalanta, che succede al Papu Gomez? Il rifiuto-lite con Gasperini è l'ultima goccia. Ora ha due scelte per il futuro

    Atalanta, che succede al Papu Gomez? Il rifiuto-lite con Gasperini è l'ultima goccia. Ora ha due scelte per il futuro

    • Marina Belotti
    E dire che a un ‘tuttocampista’ come lui, abituato a scivolare dalla mediana alla trequarti, dalla fascia al cuore dell’area, che ancora un po’ ce lo ritroviamo coi guantoni sotto porta, la richiesta di spostarsi dalla sinistra alla fascia destra non dovrebbe sembrare così stramba. Per di più arrivata dalla viva voce al 40’- eh sì, le nuove coperture del Gewiss Stadium e i seggiolini vuoti tolgono ogni privacy- di un Gian Piero Gasperini famoso proprio per le sue intuizioni improvvise, per quei lampi di genio in cui gli appare finalmente tutto chiaro, anche in quella gara in cui non trova la quadra contro l’ultima delle ultime. Eppure il Papu Gomez, capitano dell’Atalanta, leader indiscusso dal lontanissimo 2014, al 41’ ha detto ‘no’. E non un no qualunque, un no secco e deciso, accompagnato dal più clamoroso dei gesti non verbali: rimanere affezionato a quelle zolle facendo orecchie da mercante fino al 43’, quando dà retta ai compagni spostandosi a destra fino al duplice fischio di Tasos Sidiropoulos. Ma Josip Ilicic aveva già iniziato a riscaldarsi.
     
    PRESA DI POSIZIONE- Da che mondo è mondo, se un giocatore alle dipendenze del suo mister disobbedisce platealmente a un ordine, difficilmente un allenatore gradisce e la fa passare sotto silenzio, men che meno Gasperini. Il numero 10 argentino, firmata la sua condanna, negli spogliatoi sembra non essersi protratto in scuse. Che qualcosa sia andato storto tra docce e borracce trapela dalle parole del suo primo fan, che a fine gara salva gli insalvabili colombiani, ma “del Papu Gomez non mi è piaciuta la prestazione”. Prestazione o posizione? Quella presa e mantenuta dall’argentino, in campo e nel tunnel, imboccato alle 21.47 da un Gasperini fumante di rabbia nonostante i 3° e l’umidità. Da quanto raccolto, la situazione dietro le quinte pare essere andata oltre, e il folletto nerazzurro non è poi rientrato dagli spogliatoi, abbandonando la nave.
     
    MORTO UN PAPU …- Ieri ho raggiunto 250 partite con questa maglia, lasciando la vita sempre per i miei compagni e la città che rappresento”, ha scritto il re dei social su Instagram. E che vita, quella ripudiata a inizio settembre dal fantasista, da nababbo: in quel caso seguì un cortese ‘grazie’ al 'no' per l’assegno a tanti zeri-si parlò di 8 milioni di euro netti all’anno oltre a casa e auto di lusso-proposto dagli emiri dell’Al Nassr. Amore spassionato per Bergamo e la sua Dea o paura di infilarsi in contesti e stili di vita ben lontani da quelli famigliari? In una diretta instagram svelò: “Nel calcio le cose cambiano da un giorno all’altro: magari domani litighi con presidente o allenatore o escono fuori altri motivi e devi andare via”. E a quell’allenatore che a Liverpool festeggiava le 200 panche, Papu rilancia oggi con le 250 maglie, e a quel mister che guardava di sbieco i suoi viaggi oltre oceano per giocare un minuto solo con la Nazionale, Papu rilancia con tatuaggi e promesse di amore eterno alla sua Argentina. I tifosi tremano, ottava in classifica e a 6 giorni dal dentro/fuori Champions, sanno che l’Atalanta, in questo momento non può permettersi di subire fratture. Specie tra i due pilastri del tempio atalantino: nessuno vuole schierarsi, ma tra i lavoratori bergamaschi il pensiero è chiaro e unanime, “chi gioca, come e quanto, è sempre una scelta di chi è pagato per farla, tutti i capi pretendono, perciò testa china e pedalare, ma non l’aveva mica detto lui alla vigilia del Midtjylland?”.
     
     
    …SE NE FA UN ALTRO- Del resto ‘siamo tutti utili, ma nessuno è indispensabile’. Nemmeno l’intoccabile Gomez, che l’anno scorso ha calcato il terreno verde in 46 gare su 48 tra Coppe e Serie A, e quest’anno si accingeva a fare lo stesso dopo 14 match su 14 giocati da titolare. Ma il trequartista argentino tra soli due mesi e mezzo soffierà sull’età di Cristo, un buon momento per spegnersi ma anche per risorgere. Considerando che questa stagione gli sorride solo per metà: partito in quarta il primo mese ritrovando la fame del gol, ora è fermo alla quinta (rete) già da un po’ - son passati 43 giorni dall’andata più fortunata in Danimarca - digiuno sotto porta, appare fin troppo sazio con la sfera ai piedi al limite dell’area. Ma il numero 10 è troppo professionale e intelligente per non capire che in questo momento, forse più che in tutti i sei anni passati, c’è bisogno di lui, del suo carisma, della sua tecnica, della sua fantasia, della sua duttilità. Sì, anche nello spostarsi dalla sinistra alla destra del campo. Panchina al Friuli sì, ma solo se è scelta tecnica, per riposare in vista della gara più importante della stagione ad Amsterdam, per proseguire quel sogno Champions che ha rincorso a suon di ‘no’ sul mercato e realizzato nella sua Atalanta. La proprietà, patron Percassi in primis, è pronta a intervenire per fare da paciere, ma siamo sicuri che non ce ne sarà bisogno. Gian Piero Gasperini e Alejandro Gomez, prima che due geni del mestiere, sono due grandi uomini che hanno fatto del rispetto reciproco il loro punto di partenza per lanciare la Dea. Almeno fino al 2023, anche se i lavori per il rinnovo al 2024 erano appena iniziati…

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