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  • Sampmania: ci sono pareggi e pareggi

    Sampmania: ci sono pareggi e pareggi

    • Lorenzo Montaldo
    Ci sono punti e punti, e ci sono pareggi e pareggi. Alcuni ti lasciano un sapore insipido sulla lingua, altri invece ti solleticano le papille gustative. Ci sono pareggi che ti gettano nello sconforto, altri accendono piccole, insignificanti fiammelle. Tali scintille saranno capaci di trasformarsi, un domani, in incendi? Non si può dire ora. Ma se non muovi il primo passo, resterai per sempre inchiodato alla tua mattonella. 

    Prendete ad esempio Bologna-Sampdoria. Diciamo la verità, le differenze nel primo tempo tra la squadra del Dall’Ara e quella vista al Ferraris una settimana fa erano pressoché nulle. Il Bologna ha affrontato i blucerchiati seguendo lo stesso canovaccio del Monza: ripartenze rapide, contropiedi, imbucate e soprattutto assalti laterali, nella zona di campo dove il Doria, una volta di più, ha evidenziato lacune abissali. Ho rivisto, per 45 minuti di Bologna-Samp, gli stessi identici fantasmi di Samp-Monza. I limiti strutturali, caratteriali e tecnici dell'undici genovese sono emersi con la consueta prepotenza, dall’1-0 in poi. Il momento dirimente ritengo coincida con la traversa colpita ad Audero battuto. Se i rossoblù si fossero portati sul 2-0, il rischio di assistere ad un’altra Caporetto sarebbe stato altissimo.

    Invece, questa volta la sliding door ha sorriso alla Samp. Il legno centrato da Dominguez rischia di avere un peso specifico incredibile, paragonabile per rilevanza solo alla (fortunosa) rete segnata dalla formazione di Stankovic. Intendiamoci, la Samp, questa Samp, poteva graffiare soltanto così. Serviva un rimpallo, un’azione rocambolesca e fortunosa, sicuramente poco ‘concettuale’, tutto quello che volete. Occorreva la situazione che, con un tecnicismo aulico, definiamo sculata. Ma buttare dentro un pallone era l’unica cosa importante. Da lì in poi, invece, abbiamo meritato. Il nuovo allenatore della Samp, con due sessioni di lavoro alle spalle, aveva ben poco da correggere in panchina: ha fatto un paio di cambi, sostituendo uno spento Gabbiadini con Leris, e uno stanco Vieira con Villar. Con il materiale a disposizione, né lui né il predecessore potevano inventarsi granché.

    Ammettiamolo: al momento dell’ingresso in campo di Leris, avete tutti storto il naso. Non vi giudico, l’ho fatto anche io. In realtà, il francese è entrato con una convinzione superiore alle aspettative e anzi, è stato pure prezioso per riequilibrare una formazione evidentemente sghimbescia, affettata sulle fasce da due insufficienti Bereszynski e Augello. Il 4-2-3-1, nella ripresa, è stato corretto in una sorta di 4-3-1-2 in seguito all’uscita di Sabiri e all’ingresso di Quagliarella, per essere poi ridefinito ulteriormente dall’inserimento di Verre. Il resto lo hanno fatto, come detto, un gol un po’ rocambolesco, ma Dio solo sa quanto meritato e sospirato, e il nuovo vigore conseguente alla rete, insufflato improvvisamente all’interno di una compagine sino a quel momento, tremante e spaurita.

    Il pareggio vale tantissimo a livello di morale, soprattutto considerando come si era messa la partita, ma il paradosso è che, se all’intervallo mi avessero detto che la Samp avrebbe forse avvertito stretto l’1-1, sarei scoppiato a ridere. Sapete cosa mi ha riportato alla mente questo Bologna-Samp? Un’ altra ‘X’ di un po’ di anni fa. Avete presente Lazio-Sampdoria, nel 2015 all’Olimpico? Montella si era appena insediato al posto di Zenga, la Lazio aveva incanalato la partita sull’1-0. Il Doria affannato e confuso di sette anni fa ricordava da vicino il Doria di ieri. Poi all’improvviso la zampata di Zukanovic, anch’essa fortuita quanto volete, aveva rimesso le cose nella giusta direzione. Finì 1-1, con il primo punticino per il neo tecnico, oltretutto in trasferta. Il pareggio e la conseguente ventata di entusiasmo portarono  ulteriori sei punti, cruciali per il mantenimento della categoria a fine anno. Quella del pareggio con il neo mister è una costante nelle recenti salvezze blucerchiate: aveva pareggiato Ranieri all’esordio, 0-0 con la Roma, e pure Mihajlovic nel novembre 2013, ancora un 1-1, ancora con la Lazio. Cosa vuol dire? Niente, forse è solo una coincidenza. Magari, però, è una coincidenza benaugurante. 

    Una nota stonata concedetemela. So  che dovrei evitare ma ce l’ho lì, piantata in mezzo alla gola, e devo sputarla fuori. Certe dichiarazioni nel post partita Djuricic poteva risparmiarsele. Sentirlo confessare, più o meno velatamente, che la squadra con Monza e Salernitana ha mollato consapevolmente mi ha infastidito. E non ha lasciato basito soltanto me, ma anche addetti ai lavori ed ex giocatori. Non mi è piaciuto sentirlo parlare di mentalità cambiata, dopo un allenamento e mezzo, e neppure ho gradito certi toni appagati e quasi trionfali dovuti ad un gol arrivato a seguito di due mesi assolutamente insufficienti, e di un pareggio ottenuto contro una squadra modesta, in difficoltà quanto noi.

    Ora torniamo sulla terra. E’ troppo presto per giudicare Stankovic, per notare differenze e miglioramenti dal precedente allenatore, per festeggiare con grida di giubilo una squadra rimasta chiusa tre ore allo stadio, soltanto una settimana fa, per la contestazione sacrosanta dei tifosi. La Samp di ieri, senza il gollonzo di Djuricic, poteva essere la solita, tremolante Samp. Usiamo il buonsenso e l’equilibrio, doti che, datemi retta, risulteranno fondamentali per sopravvivere alla stagione 2022-2023. A volte però un punto vale più di un punto. Ne sono convinto, ne voglio essere convinto. A volte un punto ha un peso specifico diverso, a volte un punto può innescare una reazione a catena e sbloccare risorse che magari nemmeno pensavi di avere. A volte un punto è solo un punto ma, in certe occasioni, più che un punto di chiusura può essere un punto fermo, un primo piolo su cui issarsi per levarsi dal fango. Speriamo sia questo il caso.

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