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    Pogba: "Dopo la squalifica la gente mi evitava. Mou? Come fidanzati"

    Pogba: "Dopo la squalifica la gente mi evitava. Mou? Come fidanzati"

    Paul Pogba è tornato. Per ora lo ha fatto con alcune interviste che ha rilasciato a diversi media in giro per il mondo, ma a breve lo farà anche in campo. C’è solo da aspettare l’arrivo del mese di marzo quando la sua squalifica di 18 mesi per doping sarà scaduta. Dove giocherà però è ancora da stabilire. Al Daily Mail, il francese si è aperto sui momenti difficili che ha dovuto vivere e sulla convivenza burrascosa con José Mourinho al Manchester United. Le sue parole.

    LA SQUALIFICA – “Dopo la squalifica ho capito che Paul Pogba, il tizio famoso, non esisteva più. La gente mi evitava. Di solito venivo invitato alle fashion weeks e agli eventi, poi sono tutti spariti. Tutti dicevano che non potevano più ‘usarmi’. Gli stessi miei amici non mi chiamavano più tanto come facevano prima. Tutti pensavano solo che avessi preso il doping. L’opinione pubblica pensa di poter dire tutto quello che vuole. Ma sono completamente a posto con questa cosa. È la vita e ormai ho realizzato che è così. Sono cresciuto tanto, sono una persona nuova oggi. Ormai tutto questo fa parte di me, della mia storia e devo accettarlo. Anzi posso dire che mi ha cambiato in un lato positivo. È un capitolo che non dimenticherò ma magari gli altri lo faranno. L’altro giorno la gente credeva mi fossi dopato di proposito. Oggi mi dicono che sono contenti di rivedermi in campo. Le cose cambiano in fretta.

    MOU – “Il nostro rapporto era un po’ come quello di due fidanzati. Rompevamo e poi facevamo pace tutto il tempo. Avevamo iniziato bene. Mourinho era stato una delle ragioni per cui ero tornato a Manchester. Gli avevo parlato e mi aveva convinto a tornare. Non so perché poi si sia trasformato tutto in un incubo e perché continuavamo a litigare. Anche perché non ero io a litigare. Non cominciavo mai io. Certo, talvolta la vedevamo in modo diverso ma come allenatore e giocatore, era normale. Comunque continuo a rispettarlo molto. Se lo vedessi domani lo abbraccerei forte. Un giorno però dovremo sederci insieme e parlarne. L’anno in cui se ne andò e arrivò poi Solskjaer fu il mio migliore allo United. Ma, dopo l’ultima partita, dissi a lui e alla dirigenza che quello sarebbe stato il mio ultimo anno lì. Volevo andarmene. Avevo 27 anni e non stava andando come volevo. Davo sempre il meglio ma il club non cresceva. Il City, il Liverpool, erano migliori di noi e loro continuavano a migliorare. L’allenatore mi disse che potevo andare. Avevo già messo in preventivo questa cosa ma poi, durante la prestagione, quando ero in campo perché sono sempre stato un professionista, la dirigenza bloccò il mio trasferimento. Non volevo più giocare per lo United ma dovevo essere professionale. In campo c’ero, ma mentalmente no. E così mi infortunai di nuovo”.
     

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