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  • Sampmania: di 'normale' qua non c'è proprio niente. Tutti in piedi per Ranieri

    Sampmania: di 'normale' qua non c'è proprio niente. Tutti in piedi per Ranieri

    • Lorenzo Montaldo
    Tutti in piedi e giù il cappello di fronte a Claudio Ranieri. A salvare questa Sampdoria poteva essere soltanto lui, ma siamo onesti, se ci avessero detto un mese fa che oggi, con cinque giornate ancora da disputare, ci saremmo ritrovati a 38 punti, a meno 2 da quota 40 e a più 9 rispetto alla terz’ultima, saremmo scoppiati a ridere. Sir Claudio è ad un passo dal bissare il miracolo Leicester, perchè di vero e proprio miracolo si tratta. Alla faccia di chi lo tacciava di sbagliare i cambi, di trovarsi ormai a fine carriera, di essere bollito. La Sampdoria poteva salvarla soltanto lui, lo ripetiamo, ed esserci praticamente riuscito con largo anticipo, sopperendo anche ad assenze importanti e al punto interrogativo legato alla condizione fisica dei giocatori post Covid, è un’impresa. O, se vogliamo, una favola. 

    Manca ancora il lieto fine, il ‘vissero tutti felici e contenti’ (almeno fino al mercato, quello è un altro paio di maniche), ma con due o tre punti racimolati qua e là si può finalmente pensare di chiudere l’estenuante e massacrante capitolo relativo ad un campionato avaro di soddisfazioni, e viceversa ricco di sofferenza e sudore. Il capolavoro di Ranieri si compone di tre fasi: la prima è quella della riordino, cominciata quando, appena arrivato, ha saputo individuare il bandolo in un’intricatissima matassa, raccapezzandosi tra le spire di una formazione senza identità né modulo. Il grande merito iniziale del tecnico romano è stato quello di risistemare giocatori impauriti e privi di certezze con lo schieramento che conoscono meglio, quel 4-4-2 che sarà anche passato di moda, ma resta sempre la miglior garanzia possibile per uscire dalle fasi convulse. 

    In quel momento, dopo aver ricompattato la squadra attorno a pochi, semplici movimenti, Ranieri è passato alla fase due: iniziare a scippare punti nelle partite cruciali. Il ‘come’ non importava, bastava prenderli. Gli è venuta incontro pure un po’ di fortuna, certo, un paio di deviazioni e qualche assalto all’ultimo respiro, ma l’istante era perfetto per tentare l’azzardo. La fase tre, invece, è stata la più importante, e pure quella gestita meglio. Ranieri e il suo monumentale staff di preparatori hanno presentato ai nastri di partenza post Covid una squadra che ha approfittato delle due partite ‘difficili’, ossia Inter e Roma, e della successiva cruciale sfida con il Bologna per rodarsi e sciogliere le gambe imballate a seguito di una vera e propria preparazione sostenuta nelle prime settimane pre campionato. A quel punto, quando parecchie squadre si sono accorte di avere un motore che girava a vuoto, la Samp ha notato che i suoi pistoni si muovevano alla perfezione, senza apparente fatica. I tre punti nella orrenda, bruttissima guerriglia di Lecce hanno fatto il resto. La fiducia ha innescato una cascata di entusiasmo, liberando endorfine e energie sepolte chissà dove. L’esito di tutto ciò, è sotto ai nostri occhi. 

    Ranieri ha saputo trasformare una squadra che resta modesta per cifra tecnica complessiva in una formazione grintosa e ordinata. La Samp ha preso coscienza dei suoi evidenti limiti di gioco, organizzandosi e compattandosi proprio come fanno le squadre più dimesse, quelle che si rendono conto sin dalle prime giornate di essere costruite per raggiungere una salvezza sofferta e miracolosa. Il Doria ha capito, grazie al suo re Claudio, di doversi chiudere e ripartire esattamente come come fanno le ‘piccole’, aggrappandosi alle giocate delle due-tre individualità di spicco in rosa. Non è un caso se praticamente tutti e 14 i gol segnati nelle ultime sei partite, quelle della svolta, portano sempre la stessa firma: quattro li ha fatti Gabbiadini, quattro Bonazzoli, due Ramirez e Linetty, e uno Quagliarella, oltre all’estemporanea rete di Milano griffata Thorsby. E’ piuttosto evidente da questa statistica come siano stati i giocatori più rappresentativi a prendere per mano la squadra nel momento cruciale della stagione, approfittando del lavoro oscuro fatto dagli altri gregari, perfettamente calati nel compito di supporto. La Samp, in sostanza, ha iniziato a remare dalla stessa parte quando ha assunto consapevolezza delle sue mancanze e ha iniziato a lavorare per superarle, o quantomeno per nasconderle. Riuscendoci benone, peraltro.

    Ma voi ve li ricordate, quelli che chiamavano Ranieri il ‘normalizzatore’? E’ un termine che mi manda, e mi mandava, in bestia. Vi copio e incollo uno stralcio di un Sampmania di metà ottobre, lo trovate qui, scrittoproprio poco dopo l’arrivo del mister sulla panchina doriana. “Per Ranieri ho già sentito mille definizioni diverse. Quella che trovo più insopportabile di tutte, però, è ‘normalizzatore’. Il termine se lo tira dietro da anni, e ancora adesso non ne capisco il senso. Non esiste nessuno al mondo che non voglia essere eccezionale, unico e speciale. Figurarsi uno che allena in Serie A, e che ha vinto lo scudetto con il Leicester. Men che meno ‘normalizzare’ significa collocare ogni calciatore nel ruolo ritenuto più congeniale alle sue caratteristiche. Al limite, quello è buonsenso”.  Ecco, ora, a distanza di mesi, vi voglio chiedere: vi sembra che l’impresa di Ranieri abbia qualcosa di ‘normale’? Capite perché quel termine mi procurava l’orticaria?

    Poi per carità, è vero che in questa Sampdoria ritrovata ci sono tante altre cose che funzionano. C’è un Bonazzoli che fa solo gol splendidi, ad esempio (il secondo di ieri sera è ancora più bello e mostruosamente più difficile della rovesciata di Udine), e un Gabbiadini che la butta dentro come nel 2014. C’è Ekdal che fa girare la squadra, Colley che le prende tutte e Augello che crossa e stantuffa per novanta minuti, ma ognuno di questi aspetti declina da una sorgente comune, ossia la sapienza, la tranquillità e la capacità di toccare le corde giuste per ogni calciatore da parte di Ranieri. A Leicester avevano proposto di erigere una statua in suo onore, probabilmente qui almeno un murales al Mugnaini se lo meriterebbe. Mi rendo conto che sia piuttosto ccomplicato da realizzare, però almeno una standing ovation virtuale tributiamogliela. Mi spiace per Bonazzoli, ma la palma per la rovesciata più bella, questa volta, gliel’ha rubata il suo allenatore.

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