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Lazio, Lotito: "Io il primo a lottare contro gli ultras, a Diabolik mi presentai come ispettore Ginko"
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"Avevo già detto tutto alla commissione antimafia, ora da giorni mi fanno i complimenti in aula per tutto quello che ho fatto e perché non mi sono mai spaventato. Avete visto che cosa sta succedendo? E sono convinto che uscirà dell'altro. Ci sono altre indagini in corso, non solo a Milano… Ancora oggi mi attaccano da tutte le parti, ma io combatto. Se scendi a compromessi, sei morto".
"Io ho indicato la strada 20 anni fa e il mio esempio può essere seguito. Basta con quelli che vogliono fare i tifosi per professione per guadagnare soldi, è arrivato il momento di non legittimare più i delinquenti. Tifoso significa appassionato e la passione si persegue con il diritto di critica, ma sempre nel rispetto delle regole. Ma quando si vuole condizionare l'operato delle persone per fini personali si può finire in logiche perseguite dal codice penale e non solo".
"Ho detto basta ad abbonamenti e biglietti gratis e alle trasferte pagate dalla Lazio. Cosa ha comportato? Di tutto, sono scampato a bombe e a ogni tentativo d'intimidazione, ho dovuto rafforzare la mia sicurezza perché ho arginato il business delle curve".
"Mi ricordo ancora quando incontrai quattro tifosi della Lazio. È tutto agli atti degli inquirenti, li incontrai in Piazza Cavour, davanti al cinema Adriano. Si presentarono quattro persone e uno di questi, pace alla sua anima, era Diabolik. Piscitelli si presentò e mi disse: "Preside', buonasera, io sono Diabolik". Lo guardai e gli risposi: "Buonasera, ispettore Ginko". Diabolik mi chiese se stavo scherzando. No, gli risposi. E dissi: "Io sto dalla parte delle guardie". Racconto sempre questo episodio".
"Percepii subito che c'era qualcuno che utilizzava il calcio per altri fini e amavo dire: "Mi porti la carta d'identità, mica c'è scritto "professione tifoso". Sono contro i soprusi, è una mia indole, fa parte del mio DNA. Mi ribello con tutti i mezzi legali che ho a disposizione. Probabilmente i miei colleghi in passato non l'hanno fatto perché era più comodo".
"La contestazione? Non c'entra nulla il calciomercato, che non ha subito alcun ridimensionamento come testimoniano i fatti. È una scusa per costringermi a vendere, perché io non ho mai ceduto a nessun privilegio. Lo Stato deve prendere dei provvedimenti normativi affinché il calcio non diventi ostaggio di associazioni criminali che utilizzano questo sport e altri per fini che non sono sportivi, come lo spaccio di sostanze stupefacenti, usure e non solo".
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