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  • Sampmania: l'ora delle responsabilità

    Sampmania: l'ora delle responsabilità

    • Lorenzo Montaldo
    Fino ad una settimana fa, non ero ancora (troppo) preoccupato per la situazione della Sampdoria. Certo, la partita con l’Atalanta era stata orrenda, certo, l’atteggiamento visto a Bergamo stizziva da matti. Però avevo - ed ho - fiducia in Giampaolo. I nerazzurri sono una squadra che in giornata può rifilare tre o quattro gol a chiunque, i blucerchiati zeppi di riserve, e speravo avessero la testa già rivolta ad Udine. Probabilmente, non era così. E questa è la colpa peggiore in assoluto.

    Oggi, invece, sono spaventato. Marco Giampaolo è un allenatore ed una persona che stimo, per questo motivo sentirgli pronunciare frasi come quelle di ieri mi fa gelare il sangue nelle vene. Piccolo riassunto di quanto detto dal mister: “Evidentemente non ho ancora capito dove sono, in che situazione sono e cosa serve per tirarsi fuori. Reazione di pancia? Non dovevi compromettere in 12' questo tipo di partita. Quello che mi interessa è l'aspetto caratteriale e personalità. Uscire sconfitti dal campo solo perché il punteggio penalizza, non per altro. Sconfitte come queste non le accetto, ma la responsabilità è mia". 

    Le dichiarazioni di Giampaolo sono parole che mi terrorizzano. Si possono interpretare in due modi: o come un’ammissione di colpa assoluta, e forse in parte si tratta pure di ciò, oppure come un tentativo di scrollare e svegliare una formazione intorpidita, scesa in campo ancora una volta con sufficienza, in maniera svogliata e superficiale. Se preferite si può continuare a ironizzare sul maestro, sulla faccia triste e quant’altro, oppure si può tentare di sviluppare un ragionamento più maturo e completo. Ovvio, l’allenatore ha delle colpe. Eppure sono convinto che, se avessimo chiesto a tutti i tifosi blucerchiati quale formazione schierare dall’inizio con l’Udinese, il 99,9% avrebbe optato per almeno dieci undicesimi degli elementi scelti dal tecnico di Bellinzona. Con i giocatori a disposizione, poteva fare poco altro. Si può sindacare sulla scelta del terzino sinistro, o magari su alcuni cambi, peraltro abbastanza obbligati, ma si tratta di quisquilie, quando una compagine offre una prestazione simile a livello globale.

    L’organizzazione e un certo tipo di atteggiamento devono essere trasmesse alla squadra dal mister, siamo d’accordo. Ma adesso è ora che pure i tizi in campo inizino a prendersi le proprie responsabilità. “I primi undici erano infarciti di Nazionali. Sono errori che non puoi commettere, non ci sono giustificazioni. Poi la partita si complica. La cosa su cui riflettere è questa” ha aggiunto Giampaolo. E ha ragione da vendere. Al netto di moduli, formazioni, scelte e tutto il corollario di banalità assortite sul pallone, la verità è che se i giocatori commettono errori scontati e marchiani persino nei fondamentali più semplici, non c’è allenatore che tenga.

    La Sampdoria ha perso una quantità disarmante di palloni in fase di impostazione. Dei 104 passaggi negativi ben 58, più della metà, sono stati realizzati dai sei difensori impiegati più il portiere. Tolto il pacchetto arretrato, i calciatori ad aver ceffato il maggior numero di tocchi sono proprio i due da cui ti aspetti l'intuizione e il tasso qualitativo superiore, ossia Candreva e Sensi. Forse si tratta proprio alcuni degli elementi di spicco a cui si riferiva Giampaolo. Candreva emerge pure per numero di palle perse (ben 24), molto più degli altri due ‘peggiori’ in questa statistica, il portiere Falcone e il terzino Bereszynski, rispettivamente a 17 e 16. 

    La seconda metà della ripresa in particolare è stata sconfortante. Il Doria in maniera apparentemente lenta e disinteressata ha condotto l’ultimo quarto d’ora come se si trattasse di una formazione in controllo del match, senza il minimo sussulto di orgoglio ed energia. Ho trovato sconfortanti certi passaggi in orizzontale in difesa, del tutto sballati nonostante la presenza del compagno ad un paio di metri di distanza, o la tremenda difficoltà nell’uscita palla e nell’appoggio ai centrocampisti. Per di più, la staticità del reparto offensivo funge da corollario perfetto ad un pomeriggio da incubo. La Samp di Udine non solo non sa costruire, ma neppure restituisce impressioni di pericolosità nelle rare occasioni in cui il pallone riesce a superare la trequarti, avvicinandosi all’area avversaria. Eppure, è la stessa Samp che ha schiantato il Sassuolo un mese fa.

    Ecco, se la settimana scorsa non ero eccessivamente preoccupato, confidando in una reazione da parte di atleti esperti e per tale motivo consapevoli del baratro tremendo che continua ad allargarsi appena dietro alle loro spalle, oggi invece ho una paura dannata. Non so se le parole di Giampaolo, quelle pubbliche e quelle immagino pronunciate nelle viscere degli spogliatoio della Dacia Arena o a Bogliasco, avranno smosso le coscienze. Però credo sia anche il momento di mettere i giocatori davanti alle loro responsabilità. Non è solo la sconfitta che brucia, è come si materializza. Se qualcuno ha intenzione di non remare, o di affidarsi alla risacca per risparmiare le energie, beh, questo non è né il momento né il luogo giusto per farlo. Ci saremmo meritati un sabato sera più sereno, tutti quanti. La partita della svolta non può essere sempre la prossima, ricordate il 2011? Io, purtroppo, sì. Manteniamo una sorta di equilibrio, per quanto possibile, una parvenza di obiettività: non esageriamo con i processi sommari, ma neppure con l’eccessiva compiacenza, perché è oggi il momento in cui darsi una svegliata. Non domani, oggi.
     

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